Scampia come Tebe: Serena Gaudino e le cinquanta Antigoni di Napoli
Per un intero anno, tra il 2008 e il 2009, la scrittrice Serena Gaudino ha incontrato cinquanta donne del quartiere Scampia per leggere loro passi tratti dall’Antigone, una delle tragedie più profonde di Sofocle. Il progetto, ispirato a quello messo in atto da Simone Weil in Francia negli anni ’30, aveva l’obiettivo di spingere le partecipanti a comprendere e a migliorare attraverso la letteratura greca la problematicità della loro condizione. Così è nato Antigone a Scampia: una narrazione in parallelo delle vicende del mito e delle testimonianze di un gruppo di donne provenienti da Scampia che, spinte dalle numerose quanto incredibili analogie con la mitologia, hanno raccontato la loro storia di sofferenza. Attraverso la lettura della morte di Antigone, del suicidio di Giocasta, del tragico destino di Edipo e dei suoi figli, Eteocle e Polinice, l’autrice e le ascoltatrici hanno trovato il “filo rosso” che unisce le vicende mitiche con quelle – tutt’altro che mitiche – vissute da esse. Ed ecco che la storia di Tonino, ucciso per sbaglio, a cui è negato un funerale degno della sofferenza della propria madre, ricorda quella di Polinice, anch’egli privato brutalmente degli onori funebri. Ecco che Antigone, immagine del tormentoso dissidio tra legge di Stato e legge degli dei, e quindi del cuore, sembra concretizzarsi con la sua sofferenza nella madre annientata dal dolore di una perdita ingiusta e dell’impossibilità di un doveroso ultimo saluto. Questa e altre sette storie sono Antigone a Scampia: <<una sorprendente autobiografia collettiva di un quartiere difficile>>.
Lo stile è semplice ma ugualmente efficace: ogni parola è stata pesata attentamente, ponderata e scelta per la sua espressività. I periodi brevi e quasi lapidari trasmettono messaggi chiari e inequivocabili, come se fossero incisi nella pietra: frasi come <<Tutto intorno ora è deserto>> e <<Nessuno merita la morte>>, parole dure, rigorose, ma non per questo prive di significati profondi, di interconnessioni, di sfumature. E le parole, in questo libro, sono molto importanti. Terminata la narrazione parallela, infatti, si può leggere l’Alfabeto Scampia, costituito da 24 parole, come “Droga”, “Omertà”, “Rabbia”, ma anche “Anima”, “Bellezza”, “Educare”: una descrizione di Scampia variopinta, originale, fuori da qualsiasi schema, attraverso <<ventiquattro quadri dipinti con passione per ridisegnare i contorni di questa periferia troppo spesso colorata solo di rosso e di nero: sangue e lutto>>, come afferma l’autrice nell’introduzione.
Un vero e proprio esperimento antropologico, dunque, quello della Gaudino, che attraverso la catarsi tragica invita le donne di Scampia a riconoscersi nell’eroina di Sofocle mettendo a nudo le proprie intime lacerazioni, ma anche il proprio desiderio di riscatto. È solo dalla presa di consapevolezza della dimensione “tragica” della propria esistenza, infatti, che può venire quel radicale distacco dal passato che è condizione indispensabile per una vera rinascita. Né si tratta di un progetto fine a se stesso: esso si inserisce infatti nell’ambito di una lunga serie di attività educative che, da dieci anni, sono state organizzate da svariate associazioni di volontariato allo scopo di elevare il livello culturale , e quindi anche la consapevolezza, degli abitanti del quartiere partenopeo. Un quartiere che, in modo lento ma deciso, ha ormai iniziato a riscoprire se stesso e le proprie potenzialità. Negli ultimi anni la situazione di Scampia è certo notevolmente migliorata, grazie soprattutto all’arresto dei principali organizzatori del traffico di stupefacenti, ma molte sono ancora le problematiche da affrontare, a partire dalla disoccupazione e dalla miseria dilaganti. La guerra, dunque, non è ancora conclusa. La Gaudino, però, è riuscita a vincere una battaglia fondamentale, dimostrando come la cultura possa rivelarsi un efficace motore di rinascita sociale.
Maria Rosaria De Santis, Francesco Cristiano, Stefano Di Nola VA classico
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