images_La_guerra_in_Siria._Foto_215 marzo 2011: una serie di manifestazioni contro il governo sconvolgono l’intera Siria. E’ l’inizio di una lunga e sanguinosa guerra che porterà con sé più di duecentosettantamila morti, tredici milioni di sfollati, cinque milioni di profughi e si protrarrà fino ad oggi, coinvolgendo il mondo intero. Sono passati ormai cinque anni dall’inizio del conflitto, che continua ancora tragicamente a mietere vittime e a privare molti della propria tranquillità, dei propri affetti, dei propri beni, della propria casa.

Ma come si è arrivati a tutto questo? Come si è giunti a una guerra di questa portata?

Bisogna partire da lontano per capirlo. E’ il 13 novembre 1970  quando Ḥāfiẓ al-Asad, approfittando del caos politico dopo la guerra dei sei giorni con Israele,  conquista la guida del partito Baʿth e  la presidenza della repubblica, instaurando un governo laico, ma verticistico, monopartitico e repressivo, basato sul culto della propria personalità. Nel 2000 gli succede suo figlio Baššār al-Asad, che si trova subito ad affrontare il problema dell’indipendentismo curdo.  A Kamichlié, durante una partita di calcio, bandiere curde cominciano a sventolare nello stadio e la reazione della polizia non si lascia attendere: si contano almeno 30 morti. La protesta dilaga in molti altri centri e non mancano gli scontri con la comunità araba. Continuano da parte governativa il controllo della popolazione, la censura e il divieto di formazione di partiti politici di opposizione. Si incrinano anche i rapporti con l’Occidente  per l’appoggio a Saddam Hussein durante la guerra all’Iraq del 2003, e a movimenti terroristici come Hezbollah e Hamas. Nel 2011 si susseguono manifestazioni di piazza organizzate attraverso i social network sulla scia della Primavera araba. Il governo impedisce l’accesso a Facebook, Twitter e YouTube , anche se il divieto viene poi ritirato.

Il 15 marzo riprendono le manifestazioni anti-regime, in particolare a Dar’a dove dal 18 marzo le  proteste vengono represse con le forze militari. Il 26 i partecipanti al funerale delle vittime dei giorni precedenti danno alle fiamme la sede locale del partito Baʿth .E l’escalation continua… Il 29 aprile è il “venerdì della rabbia”,  con manifestazioni in numerosissime piazze del paese e la comparsa,  per la prima volta, di organizzazioni islamiste, come la clandestina Fratellanza Musulmana.  Il 21 maggio, “venerdì delle libertà”,  muoiono circa 40 persone nel corso di manifestazioni nella provincia di Idlib e nella città di Homs. A partire dalla fine di marzo, le piazze si riempiono anche di manifestazioni a favore del governo.Il 4 giugno 2011, per la prima volta, i dimostranti prendono le armi e, nella provincia di Idlib, vicino al confine con la Turchia, aggrediscono le forze di polizia. Il governo reagisce impiegando carri armati ed elicotteri e suscitando la protesta di Stati Uniti e Unione europea. Membri della polizia e dell’esercito disertano e il 29 luglio 2011 un gruppo di disertori crea l’Esercito siriano libero (ESL). L’opposizione, da questo momento in poi, di fatto, si trasforma in un vero e proprio esercito. Il 23 agosto 2011 i vari gruppi di opposizione in esilio creano il Consiglio nazionale siriano (CNS), punto di riferimento politico per i ribelli.  Siamo oramai in piena guerra.

Gli scontri diventano più violenti, con atti di guerriglia, sabotaggi e imboscate. Con l’assedio di Homs si hanno anche i primi scontri settari tra i civili, soprattutto tra sunniti e alawiti, considerati sostenitori del regime ( Assad è infatti alawita). Il 23 gennaio si forma il Fronte al-Nusra, composto da membri di Al-Qaeda che vorrebbero fondare uno Stato islamico in Siria. Essi agiscono in modo del tutto indipendente dall’ESL , usando la strategia degli attacchi suicidi. Il governo inizia ad usare elicotteri d’assalto e compaiono le milizie shabiha. Il nome significa“spettri”, “fantasmi”. Si tratta di civili armati che attaccano i dimostranti nelle manifestazioni antigovernative. Alcuni sospettano che si tratti di una vera e propria milizia non ufficiale.

Altro che “conflitto non internazionale”

Iniziano ad appoggiare i ribelli Turchia, USA, Francia, Gran Bretagna e gli Stati del Golfo Persico, mentre l’Unione europea inasprisce l’embargo sulla Siria. Appoggiano, invece, il governo  Russia e Iran.Il 15 luglio 2012 il Comitato Internazionale della Croce Rossa definisce la crisi siriana un “conflitto armato non internazionale”. I curdi siriani si riuniscono nel Comitato Supremo Curdo con l’obiettivo di creare un governo autonomo. Il 2 agosto è annunciata la liberazione della maggior parte del Kurdistan siriano.

La guerra civile si radicalizza e si formano i “Comitati Popolari“, composti da cittadini cristiani, drusi, alawiti e sciiti che tentano così di difendersi  dai soprusi dei sunniti. I gruppi estremisti acquisiscono sempre più importanza e vi si aggiungono volontari dal Medio Oriente e dai Paesi occidentali per unirsi alla jihad. Al gruppo islamista più violento, il Fronte al-Nusra, si affianca lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS), che vede la guerra in  Siria come un passo verso la Jihad globale. Si crea così una spaccatura all’interno dei ribelli e si apre il cosiddetto “ terzguerra-civile-in-siriao fronte”.

A seguito dell’uso di  armi chimiche a Damasco, Barack Obama annuncia di voler attaccare la Siria. Si oppongono la Russia, la Cina e il Vaticano. Si raggiunge un accordo che implica la distruzione dell’arsenale chimico siriano e l’adesione della Siria alla Convenzione sulle armi chimiche. Continuano intanto i bombardamenti dell’aviazione siriana, mentre a nord del paese avanzano le milizie curde. Nel Gennaio 2014 si ha una conferenza di pace a Ginevra indetta dall’ONU, ma con pochi risultati. Anche all’interno del fronte estremista si hanno dei conflitti e il 3 gennaio il Fronte Islamico attacca le basi dell’ ISIS .

Il 3 giugno 2014 si svolgono, nelle aree controllate dal governo, le elezioni presidenziali, con la presenza di più candidati. Nelle zone di confine con le aree controllate dai ribelli si hanno degli attacchi e ad Aleppo si colpiscono i seggi elettorali con tiri di mortaio. Assad viene riconfermato presidente per la terza volta.

Nel frattempo l’ ISIS conquista numerose città irakene, arrivando fino a Baghdad. Il 29 giugno 2014 Abu Bakr al-Baghdadi annuncia la nascita del califfato. La rapida avanzata dell’ISIS preoccupa fortemente il governo americano che  interviene nel conflitto.  Si forma così una coalizione di 11 paesi occidentali, inclusa l’Italia. Continuano l’avanzata curda e la reazione e l’espansione dell’ISIS . L’11 febbraio a Monaco, viene organizzata una conferenza per promuovere la  pace in Siria. Il 12 i ministri degli esteri russo e americano annunciano che cesseranno il fuoco entro una settimana. Il piano esclude, però, lo Stato Islamico e il Fronte al-Nusra e la guerra continua.

La Siria di oggi : una questione aperta

Un conflitto, dunque, ancora in corso con tutti i costi elevatissimi che  comporta in termini di vite umane. Donne, bambini, anziani, civili muoiono, da cinque anni, in nome di una guerra che, del resto come tutte le guerre, non ha né senso né giustificazione.

Non solo, ma non si tratta della guerra di uno Stato contro un altro, ma di una guerra civile. Quelli che si uccidono in battaglia sono connazionali, a volte persino concittadini, accecati dall’odio e dall’intolleranza. Così quella che era iniziata come una pacifica protesta contro un governo oppressivo e autoritario si è trasformata in un grande bagno di sangue che ha coinvolto anche i Paesi limitrofi e, in ultima analisi, la politica globale.

I Paesi occidentali hanno in questo conflitto una grave colpa: quella di non aver compreso in tempo ciò che stava accadendo e di aver appoggiato ora l’una e ora l’altra fazione, dimenticando che l’unica vera vittoria è la pace. Ora pesa su noi tutti una grande responsabilità, quella di non restare indifferenti, di non pensare che sia qualcosa di troppo lontano,  nella consapevolezza che, come scrisse John Donne, “nessun uomo è un’Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra. Se una Zolla viene portata via dall’onda del Mare, la Terra ne è diminuita. Ogni morte d’uomo mi diminusce, perché io partecipo all’Umanità”.

Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite, ci ricorda che «la Siria rappresenta la più grande crisi umanitaria e di rifugiati del nostro tempo, una fonte continua di sofferenza per milioni di persone che dovrebbero ottenere sostegno unanime in tutto il mondo».