libertà“Io rimango qui, a scrivere una nuova canzone, lo sai che è tutto quello che so fare, non puoi chiedermi di più”. Cantano così i Tiromancino nel loro singolo “Liberi”. Ma perché non si può chiedere di più? Probabilmente i Tiromancino (da bravi pigroni moderni) appartengono alla categoria dei fautori dell’arte della “libertà rassegnata”. Ebbene sì, arte e libertà escono insieme, ogni sabato sera, da secoli ormai! La ragione è molto semplice: l’arte, per quello che rappresenta, per la sua matrice personale, per il suo essere libera e sincera espressione dell’artista, il frutto di quanto nasce dai più spontanei e oscuri meandri della sua anima sensibile, non può non essere il linguaggio della libertà per eccellenza. A dimostrarlo ci sono volumi e volumi di storia della letteratura, dell’arte e della musica.

C’è da scegliere da che parte stare. Esistono infatti due schieramenti: chi fa “arte della libertà viva” e chi invece si dedica all’ “arte della libertà rassegnata”.Insomma, anche qui, c’è l’epocale scontro tra chi passerebbe tutta la notte fuori e chi alle nove ha già attraversato tre volte la fase REM. Questa volta però, piuttosto che la solita pizza con amici, c’è in gioco la libertà.

Per chi non si arrende mai

Nel “Team Vivi”, ad esempio, ritroviamo tutti coloro che ci hanno creduto, tutti quelli che hanno provato ad usare il loro talento per diffondere la libertà. Così, in attacco, possiamo vedere tutti gli intellettuali del Settecento, agguerritissimi, a suon di “libertè, egalitè e fraternitè”: Diderot e D’Alambert armati di Enciclopedia, Delacroix ha già sulle spalle la sua “Libertà che guida il popolo”. Insieme a loro, tutti i rivoluzionari che hanno animato le rivolte in Europa tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento, tutti uomini di cultura, intellettuali. C’è Foscolo, un po’ deluso perché sa già come andrà a finire e Manzoni che in “Marzo 1821” prova ad affidarsi all’aiuto di Dio. Li accompagna Verdi che, oltre a fare da prestanome per i rivoltosi milanesi, dirige il suo “Nabucco”, che sprizza desiderio di libertà da ogni nota. In un angolino Martin Luther King schiaccia un pisolino: “he’s having a dream”.

Sogni di perduta libertà

Il “Team Rassegnati” non scende proprio in campo, loro restano in panchina. Sono quelli che parlano di una libertà perduta, che sembra irraggiungibile, ormai lontana. Ecco Omero e Dante che presentano il povero Ettore, costretto a morire per salvare il proprio onore in una società (denominata quella “della vergogna”) in cui l’onore valeva più della propria vita. Ma qui c’è anche chi non ha davvero potuto vivere la propria libertà e ha trovato nell’arte l’unica valvola di sfogo. La propria mente è infatti l’unico luogo in cui si sarà per sempre liberi. Allora si avvicina Anna Frank con il suo diario e insieme a lei tutti gli artisti a cui le dittature hanno provato, invano, a tarpare le ali. Incerto è Verga. Pare infatti che nelle sue “Novelle Rusticane” creda in una libertà dinamica, quasi la inciti, ma sappiamo tutti come la pensa. Si è destinati a rimanere lì dove si è nati, nulla di più.

Ecco le squadre, pronte, sembra quasi che lo scontro stia per iniziare, ma non è così. Non sono realtà conflittuali, coesistono, sono modi diversi di esprimere e vivere la libertà. Sta a noi provare a “chiedere di più” all’arte e alla letteratura. Per una volta la scuola potrebbe farci sentire più liberi di un “filone”.

amg