Dario FoAccattivante, suggestivo, comico, rivoluzionario. Dario Fo si è sempre contraddistinto nel panorama del teatro italiano per queste sue caratteristiche, che l’hanno reso uno dei protagonisti della letteratura contemporanea.

Il “giullare moderno” si è spento all’età di novant’anni nella mattinata di giovedì nella gran Milano, dopo una vita di successi, riconoscimenti, esibizioni, ma anche delusioni e controversie.

Nato a Sangiano, paesino nell’entroterra varesino, in una famiglia con una certa vivacità culturale, nel 1943 il futuro drammaturgo si arruola tra le file dell’esercito fascista della neo Repubblica di Salò, all’indomani dell’armistizio di Cassibile. Una scelta che in futuro sarà causa di aspre critiche nei suoi confronti, ma che egli stesso poi giustificherà come l’unico mezzo per sfuggire alla deportazione in Germania.

Dopo l’esperienza bellica, Fo muove i primi passi nel teatro, dando vita nel corso degli anni ad uno stile teatrale molto particolare ed originale. Uno stile che  recupera il modo di poetare di giullari e trovatori medievali che recitavano e raccontavano storie nelle corti dei grandi signori feudali. Dario Fo mette in scena spettacoli privi di  trama, incentrati sul racconto di un certo avvenimento, spesso recitato alternando l’italiano ad alcuni dialetti settentrionali, e con un solo attore come “protagonista”. Inizia a comporre alcune delle sue opere più importanti, tra le quali Mistero Buffo e Morte accidentale di un anarchico. Quest’ultima è dedicata a Giuseppe Pinelli, un ferroviere e anarchico milanese indagato per la strage di Piazza Fontana del 1969, che si presume sia morto suicida, gettandosi dalla finestra della questura di Milano durante l’interrogatorio.

Sposa l’attrice Franca Rame, alla quale resterà legato fino alla  morte di lei, avvenuta nel 2013 e con la quale darà vita alla Compagnia Dario Fo-Franca Rame destinata a riscuotere grande successo. Durante la sua carriera ha affiancato, nella composizione di brani musicali, anche il cantautore Enzo Jannacci.

Un uomo eclettico, dalle sorprendenti doti artistiche e culturale, che ha anche saputo esprimersi con il pennello. Si era laureato, infatti, all’Accademia di Brera e il suo primo sogno era quello di diventare un pittore.

Ma la carriera di Dario Fo raggiunge il culmine quando nel 1997 riceve il Premio Nobel per la Letteratura, con la motivazione di “dileggiare il potere, seguendo la tradizione dei giullari medievali e restituendo dignità agli oppressi”. Il suo modo unico di fare teatro lo ha reso uno dei personaggi più influenti della letteratura mondiale contemporanea. Proprio per questa sua originalità è stato più volte oggetto di censure, di critiche, di controversie. A denunciare tutto ciò è proprio il figlio Jacopo che, all’indomani della morte del padre, ha evidenziato sui social l’ipocrisia di chi oggi lo osanna, mentre in passato non ne ha riconosciuto i meriti.

Ma forse è proprio questo il destino di un artista: dare più che ricevere.

 

Dario Gargiulo III A classico