Camilla è un personaggio mitologico la cui storia è raccontata da Virgilio nell’Eneide. Suo padre Metabo, re di Privernum, costretto a fuggire dalla città, portò con se la figlioletta. Giunto alla sponda dell’Amaseno, temendo di passarlo a nuoto con la bimba, la legò alla sua grande asta e la scagliò al di là del fiume,  dopo averla consacrata alla dea Diana. Nessuna città volle accogliere Metabo e così Camilla visse con il padre nei boschi nutrendosi con bacche e latte di cavalla. Fin da bambina suo padre le insegnò ad usare l’arco, le frecce e il giavellotto. Abilissima  in queste attività, era pronta ad ogni sfida e affrontava con coraggio tutti i pericoli. Camilla era bella, ma amava solo le armi e volle restare vergine come la dea  Diana. Quando Enea giunse nel Lazio, Camilla prese parte con una valorosa schiera di cavalieri Volsci alla guerra contro Enea, condotta da Turno, re dei Rutuli e mori per mano di Arunte, combattendo con straordinario valore. La morte della vergine Camilla segnò la sconfitta dei Rutuli e dei popoli italici. Il mito di Camilla richiama quello delle Amazzoni, che vivevano sulle coste meridionali del Mar Nero. Nella loro società era escluso ogni uomo, e le stesse crescevano solo figlie femmine dando loro un’istruzione militare. Oggi ci si riferisce a una donna di atteggiamenti virili o di spirito guerriero con il termine “Amazzone”.

Alcuni studiosi credono che il mito di Camilla e quello delle Amazzoni facciano riferimento ad uno stadio realmente esistito della società umana, in cui era presente il matriarcato o almeno un forte potere femminile. Tuttavia queste leggende spesso non hanno alcun fondamento storico o alludono, come nel caso del mito di Camilla, a riti religiosi (si veda l’episodio dell’attraversamento del fiume). Benché rimanga un personaggio leggendario, Camilla è sicuramente simbolo del coraggio, della forza e del valore delle donne ed è la più degna rappresentante del popolo italico che lotta per la propria libertà.

Giovanni Matrone 2C scientifico

Tacita Muta era una divinità romana, precisamente una divinità infera, onorata durante le Parentalia il ventun febbraio di ogni  anno, come dea del silenzio.

Tacita era stata una ninfa, figlia del fiume Almone. Il suo nome era Lara, un nome che deriva dal verbo laleo che in greco significa “parlare”.

Prima Tacita parlava, troppo e soprattutto a sproposito. Un giorno, svelò a sua sorella Giunturna che Giove era interessato a lei. E Giove, per punirla, dapprima le strappò la lingua, facendola così diventare muta e infine la affidò a Mercurio affichè la conducesse nel Regno dei morti. Ma il dio durante il viaggio la violentò e così Tacita partorì due gemelli, i cosiddetti Lari compitales, le divinità che vegliavano sui confini e proteggevano la città.

Tacita, dunque, era stata punita perché aveva parlato a sproposito, rivelando segreti che non avrebbe dovuto rivelare, e questo secondo i romani erano una caratteristica e un difetto prettamente femminili; infatti, sempre secondo i romani, tacere era un dovere delle donne. Tacita dunque era un simbolo.

Un’altra storia importante  è quella di Aius Locutius, il dio il cui nome contiene due riferimenti alla parola. Era considerato molto importante poiché aveva messo in guardia i romani contro l’attacco dei galli. La storia di Aius, perciò, sottolinea la caratteristica maschile di saper parlare al momento opportuno, ciò che le donne invece non sanno e non possono fare.

Da queste due storie di stereotipi maschili e femminili emerge la situazione di sottomissione della donna all’epoca romana; infatti quest’ultima non poteva partecipare alla vita politica, doveva essere rappresentata da un uomo e non aveva il diritto di istruzione e di parola. Oggi la situazione è migliorata; infatti abbiamo molte donne in politica, il diritto alla parola e all’istruzione e la parità dei sessi. Nonostante ciò, molti uomini non accettano la parità e calpestano i diritti delle donne, molte delle quali vengono uccise o costrette ad una vita senza libertà.

CHIARA RAIOLA  e MARIAGRAZIA CIRILLO 2C scientifico