Busto di NefertariTutti hanno conosciuto, grazie ai libri di scuola, la figura del faraone Ramses II. Tradizionalmente associato alla storia di Mosè, egli fu il condottiero egizio nella battaglia di Qadesh contro gli Hittiti, e sotto di lui l’Egitto visse la sua età aurea. Questa fu resa possibile principalmente dal lungo periodo di pace garantito dall’alleanza stabilita con il popolo che si era stanziato in Anatolia. In questo accordo però giocò un ruolo fondamentale un personaggio meno noto, ma altrettanto importante: la regina Nefertari, moglie di Ramses II. Infatti ad Hattusa, la capitale degli Hittiti, sono state ritrovate copie delle lettere che testimoniano la corrispondenza fra Nefertari e la moglie del sovrano hittita. Ciò manifesta il profondo impegno profuso dalla regina per stabilire la pace.

Dalle poche raffigurazioni e testimonianze che si hanno, si può cercare di dare un ritratto di questa celebre regina. Era dotata di grande grazia ed eleganza, di una dolcezza e di un fascino irresistibile, tanto che il modo in cui si esprimeva riusciva a incantare anche i più maldisposti. La sua bellezza è indicata già dal suo nome: Nefertari, infatti, significa “la più bella delle belle”. Doveva essere alta, slanciata, dalla carnagione scura e dallo sguardo penetrante.

Ramses amava molto la sua sposa e la teneva in grande considerazione, nonostante avesse avuto ben otto mogli. Questo è dimostrato anche dagli splendidi e imponenti edifici che le dedicò e che nessun’altra regina aveva mai avuto prima di allora: il Tempio Minore ad Abu Simbel e una tomba, paragonabile a quella di un re, nella Valle delle Regine. Nel primo si trova una gigantesca statua che la rappresenta al fianco del marito. Ma ciò che colpisce di più è il fatto che entrambe le sculture abbiano le stesse dimensioni, simbolo evidente del fatto che Ramses considerasse la sua consorte alla pari di lui. La seconda fu scoperta dall’archeologo italiano Ernesto Schiaparelli nel 1904 ed è una delle tombe meglio conservate dell’antico Egitto, tanto che ne è vietato l’accesso per impedire che i colori si rovinino. Il ciclo pittorico che la decora raffigura il percorso verso l’aldilà, come era solito nelle tombe reali. I colori sono straordinari e colpiscono soprattutto per la loro luminosità. Inoltre Nefertari è spesso rappresentata al fianco di divinità.

Una grande scoperta

Nella tomba, che purtroppo era stata trafugata, furono ritrovati vari reperti, tra cui parte di un sarcofago in granito rosa, dei sandali, e soprattutto, una mummia, di cui però rimanevano solo le gambe e le ginocchia. Questi oggetti furono portati al museo egizio di Torino, dove sono ancora conservati.

Il 30 novembre 2016 sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Plos One i risultati di uno studio volto a identificare la natura di quei due arti inferiori mummificati. Gli scienziati che li hanno analizzati, guidati dall’università inglese di York, hanno affermato che è estremamente probabile il fatto che appartenessero a Nefertari. Dopo aver effettuato analisi chimiche, antropologiche, genetiche e di datazione al radiocarbonio si è giunti alla conclusione che i resti erano di un individuo di sesso femminile di circa 40 anni. In effetti Nefertari nacque nel 1295 a.C. e morì nel 1255 a.C., proprio all’età di 40 anni. Doveva essere alta 1,65 m, leggermente superiore alla media delle donne egizie di quell’epoca, proprio come è rappresentata la regina nelle raffigurazioni dell’epoca. Inoltre il corpo è stato imbalsamato con le tecniche usate nel periodo di Ramses II, cioè intorno al 1250 a.C.. Infine si è dedotto che dovesse essere un individuo di rango elevato: sembra che abbia compiuto pochi sforzi fisici e abbia vissuto molto tempo in ambienti chiusi. In effetti gli aristocratici erano sempre rinchiusi all’interno delle corti e dei palazzi; questo provocava una scarsa esposizione al sole, con conseguente carenza di vitamina D, fondamentale per lo sviluppo delle ossa. Dallo stato di queste ultime, perciò, si può risalire allo status sociale dell’individuo.

Non è stato possibile avere la certezza, però, poiché non è stato possibile eseguire un confronto del DNA, in quanto non ci sono resti mummificati di persone appartenenti alla famiglia di Nefertari. Tuttavia esistono anche delle teorie contrarie a questa ipotesi. La prova più grande è quella ottenuta dall’analisi col carbonio-14, secondo la quale i resti risalirebbero a due secoli prima del regno di Ramses II. Tuttavia, a conferma dell’ipotesi più accreditata, si ritiene che essi siano stati sottoposti a contaminazioni dovute ai saccheggi. Inoltre si è dimostrato che la tomba nella quale sono stati ritrovati risale a quel periodo. Infine i sandali rinvenuti, realizzati con foglie di palma e papiro, recano inciso il nome di Nefertari, e corrispondono alla lunghezza del piede delle gambe analizzate dai ricercatori.

Questa, come tante altre scoperte, è data dalla perfetta interazione tra il passato e il presente. Grazie alle sofisticate tecniche costruttive, ma anche di imbalsamazione, degli antichi, che hanno permesso la conservazione delle opere e dei corpi e grazie alle tecnologie avanzate dell’epoca moderna, si possono leggere pagine di storia che altrimenti sarebbero incomprensibili.