Galera, sinonimo di crimine, violenza, perdizione. Ma anche di sofferenza, dolore, speranza e desiderio di riscatto. E forse tra queste parole, se ne potrebbe inserire una apparentemente inadeguata: ingiustizia.

A raccontare l’ingiustizia del carcere è il libro di Pietro Ioia “La Cella Zero”, pubblicato con la casa editrice Marotta & Cafiero, proprio quella casa editrice gestita da Rosario Esposito La Rossa, poco fuori Scampia. Attraverso una dura prova di coraggio, Ioia racconta la sua storia, difficile, amara e in certi punti raccapricciante.

“La Cella Zero” è la storia di un uomo che ha passato la sua vita tra la libertà e le sbarre di Poggioreale, a causa della debolezza e dell’incapacità di cambiare vita. Un uomo che ha gestito per anni il traffico di droga all’interno del quartiere Forcella di Napoli. Un uomo che ha vissuto sulla propria pelle i terrificanti quanto mai occulti episodi che avvengono nel carcere di Poggioreale. “La Cella Zero” trae il suo titolo dal numero di una cella sotterranea del carcere (quella zero appunto), in cui, secondo l’esperienza di Ioia, avvengono le peggiori sevizie inflitte dai secondini e dalle guardie ai danni dei carcerati.

Uomini portati con la forza in questa cella, anche per delle sciocchezze, frustati, picchiati a colpi di manganellate, torturati e qualcuno addirittura rimasto ucciso per via delle violente percosse. Prigionieri trattati al limite del disumano, spogliati dei loro vestiti e della loro dignità.

Pietro Ioia, testimone oculare di fenomeni del genere, dopo l’ennesima scarcerazione, è finalmente riuscito a cambiare vita. Sul finire del 2006 fonda la Comunità Ex D.O.N. (Detenuti Organizzati Napoletani), finalizzata a denunciare e a rendere note tutte le crudeltà che avvengono nelle celle di Poggioreale. Grazie alle sue denunce e all’attivismo della comunità, la cella zero ha chiuso definitivamente e la Procura di Napoli ha condannato decine di secondini e guardie carcerarie.

“La Cella Zero” mostra che, se vuole, l’uomo, quello vero, quello coraggioso, può rialzarsi, ripartire dai suoi errori. Ma quello di Pietro Ioia è un coraggio doppio. Il coraggio di rialzarsi e di denunciare.

Il carcere, nato per rieducare e reintegrare, è diventato invece luogo di educazione alla criminalità. Bisognerebbe insistere su progetti di reintegrazione, che restituiscano la dignità ai carcerati e alimentino la speranza di rinascita. Progetti concreti e validi. E invece, si tende a fare il contrario: a umiliare i prigionieri, a privarli di tutto, a riaprire le loro ferite, a incattivirli sempre di più. E non stupiamoci allora se usciranno di nuovo criminali.

Dario Gargiulo IV A Classico