Una pandemia globale, un nemico invisibile: è ormai da tanto che il coronavirus è arrivato qui in Italia ed è da dicembre invece che è partito dalla Cina. Una catastrofe che sta coinvolgendo tutti. Il governo ci chiede di rimanere a casa, le strade sono deserte, gli ospedali pieni. Tutt’a un tratto il mondo si è fermato, la vita frenetica che siamo abituati a vivere è oramai sospesa, in un unico, drammatico, forse eterno presente.

Un presente che fa male, ma che, in fin dei conti, ci induce a riflettere. Tante sono le cose che ritenevamo scontate: una passeggiata all’aria aperta, una partita di calcio con gli amici, l’andare a scuola ogni mattina. Pensavamo di essere i padroni del mondo, di poter ottenere tutto, di poter agire senza subirne le conseguenze. Basti pensare al rischio ambientale che abbiamo creato, alle emissioni di gas serra che sembravano non poter mai cessare, perché le industrie, le fabbriche, l’economia, erano “troppo importanti”. Per anni abbiamo basato la nostra vita facendoci prendere da cose che fino a ieri ci sembravano fondamentali, ma che soltanto adesso si mostrano per quello che sono realmente. È bastato un virus a fermarci, a mostrarci la nostra vera natura, così perfetti ma così fragili. Questa situazione, per quanto terribile che sia, ci sta insegnando molte cose. Sono tanti i valori che stiamo riscoprendo in questo periodo, primo tra tutti l’importanza della vita, che sembrava controllabile, ma che in realtà può sconvolgersi da un momento all’altro. E non ha senso, mai come in questo periodo, parlare di razze, di discriminazioni, di classi sociali inferiori e superiori: siamo tutti esseri umani, che nascono e muoiono. Stiamo riscoprendo, nella distanza, cosa significhi realmente essere uniti, essere tutti uguali: i flash mob sui balconi, le bandiere, gli inni nazionali ci hanno ricordato che da soli non si può affrontare nulla, che l’unione, specialmente nei momenti difficili, fa la forza.

Ma non basta essere forti per combattere questa guerra, bisogna essere anche responsabili. Ognuno oggi deve capire quanto il proprio operato possa influenzare la vita di centinaia di persone. C’è chi, soprattutto al nord, vede cadere come foglie prima un proprio vicino, poi un proprio parente, con la paura e la preoccupazione di essere il prossimo. E c’è chi, invece, ha la fortuna di essere asintomatico, ma continua a girare per le strade, contravvenendo alle disposizioni, vanificando lo sforzo di medici e infermieri che mettono a repentaglio la propria vita per quella dell’altro, condannando a morte pazienti che si sarebbero potuti salvare se solo ci fossero stati più posti in terapia intensiva.

Il bene dell’altro è anche quello nostro, e non ha senso uscire di casa proprio in questo momento. Le giornate possono essere monotone, noiose, ma ne vale sempre la pena, anche perché a casa abbiamo coloro che ci conoscono meglio di tutti, i nostri familiari. Ecco un altro valore che, purtroppo, si stava perdendo e che questo virus ci sta insegnando a riscoprire: l’importanza dello stare in famiglia, di passare il tempo tutti insieme, imparando a conoscere meglio quelle persone con cui viviamo da anni, ma che, forse, non abbiamo mai conosciuto così bene come credevamo. E stiamo imparando che bisogna considerare il lavoro e il sacrificio di tutti, quotidianamente. Non è giusto che soltanto in situazioni come quella attuale venga data importanza a figure professionali – medici, infermieri, forze dell’ordine – fino a un mese fa criticate da molti e ora considerate eroiche. Oggi stiamo riscoprendo cosa significhi essere veramente ricchi e quale sia la vera ricchezza; stiamo imparando ad apprezzare le piccole cose, ad essere più solidali.

“Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti” – dice Papa Francesco. Speriamo soltanto che, una volta usciti dalla tempesta, tutto questo non venga dimenticato.