La boxe lega passato e presente e forma giovani campioni sul ring e nella vita. Non riguarda mai soltanto i pugni, l’allenamento più duro è quello mentale. L’empatia tra sport e società ha radici lontane che si perdono nella storia dell’uomo. Da sempre una sfida agonistica ha il potere di generare emozioni che come per magia creano miti in cui i popoli si identificano. Gli atleti, consegnando alla memoria collettiva le loro imprese, diventano immortali esempi da seguire. Un atleta, tuttavia, è prima di tutto una persona con la sua storia e i suoi valori e prima ancora un adolescente che ha “educato” la propria mente quanto il proprio corpo. Ne è testimonianza il percorso atletico di Salvatore Pollio, studente del Liceo Statale Pitagora Croce, vincitore della medaglia d’argento ai campionati italiani di boxe nella categoria Junior 50 chilogrammi, tenutisi a Roma dall’11 al 13 dicembre 2020. Gli abbiamo posto alcune domande.

D. Quale valore ha questo titolo nell’ambito del tuo sport? Hai dedicato a qualcuno questa tua vittoria?
R. Grazie a questa vittoria ho la possibilità di affrontare incontri a livello nazionale. Per me è stata molto importante: mi ha arricchito di una nuova esperienza e nella boxe, come nella vita, l’esperienza è tutto. Inoltre stiamo vivendo un momento difficile a causa della pandemia ed è stato complicato conciliare studio e allenamento. Con le palestre chiuse ho dovuto allenarmi a casa da solo, spesso di notte perché la mattina ero completamente assorbito dalle videolezioni.
D. A chi dedichi questa vittoria?
R. Dedico questa vittoria alla mia famiglia, che mi supporta sempre, e ai miei allenatori, Lucio e Biagio Zurlo in primis, e poi Alfonso Punto e Pasquale Perna, che con vera e propria attività di metal coaching mi hanno aiutato a superare questo periodo difficile.
D. Hai una frase che corrobora la tua grinta o un portafortuna che ti aiuta ad affrontare l’incontro?
R. Non ho nessuna frase motivazionale o portafortuna. Quando salgo sul ring cerco di stare calmo e di liberare la mente da ogni pensiero che possa distrarmi. Una distrazione è la scuola, ad esempio, o anche i pensieri negativi che a volte affollano la mente di noi adolescenti.
D. Come ti sei avvicinato al pugilato e quale aspetto di questo sport preferisci?
R. Mi sono avvicinato a questo sport per gioco: sono andato in palestra per fare attività fisica e da lì è nata la mia passione. Ciò che preferisco di questo sport è la lealtà. Il pugilato è uno sport molto competitivo, all’interno del ring due atleti si affrontano colpendosi con i pugni chiusi, per indebolire e atterrare l’avversario, ma si combatte sempre ad armi pari. Si combatte, però, non soltanto con i pugni, ma anche con la mente, con l’astuzia. Il pugile che vince non è il più resistente fisicamente, è il più astuto.
D. Il pugilato ti ha cambiato? Quali sono i momenti difficili che hai vissuto e che vivi tutt’ora?
R. Sì, questo sport mi ha aiutato a superare le insicurezze e a fare affidamento solo su me stesso. Ora affronto la vita come se fosse un incontro di pugilato: so di dover superare le difficoltà da solo così come sono solo davanti all’avversario sul ring. Qualsiasi disciplina sportiva richiede rigore, impegno e costanza; il pugilato non è da meno. I momenti difficili sono legati soprattutto ai sacrifici per gli allenamenti e alla rinuncia di molte cose che per un qualsiasi altro ragazzo della mia età sono banali, come mangiare un semplice gelato.
D. Frequenti il terzo anno del liceo classico, quindi non solo ti dedichi con successo ad uno sport molto impegnativo, ma hai scelto anche un percorso di studi altrettanto impegnativo e forse un po’ inusuale per un atleta del tuo livello. Hai rilevato delle similitudini tra lo sport che pratichi e lo studio delle materie classiche?
R. La storia del pugilato è molto antica; difatti la documentazione più risalente di un vero e proprio regolamento di pugilato deriva dal mondo greco. Se, quindi, è vero che uno sport è espressione della cultura di una determinata società, lo studio di materie classiche e il pugilato non sono distanti. Per questo motivo io associo il pugilato al canto dell’Odissea in cui Odisseo prendendo le sembianze di un mendicante combatte contro un altro mendicante e il primo vince sul secondo con l’astuzia, in un vero scontro di pugilato. La boxe è uno sport nobile che risale a tempi antichi e, anche se per alcuni aspetti ha dovuto adeguarsi alla modernità, per lo più è rimasto immutato. Ad esempio: i pugili greci si preparavano agli incontri allenandosi con sacchi pieni di sabbia, farina o cereali, simili ai sacchi che vengono usati adesso. Posso affermare che praticando il pugilato mi sento parte di una tradizione molto antica che insieme al greco e al latino costituisce le nostre radici culturali.
D. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
R. Mi piacerebbe continuare il mio percorso atletico a livello nazionale, senza mai abbandonare gli studi, trovando un giusto accordo tra due attività che richiedono impegno.
D. Come vorresti concludere questa intervista?
R. Vorrei concludere quest’intervista con una frase che mi rappresenta perché esprime la passione che nutro per la boxe e che mi spinge ad andare oltre i miei limiti. E’ una frase tratta del film “Milion dollar baby”: “Se c’è una magia nella boxe è la magia di combattere una battaglia al di là di ogni sopportazione, al di là di costole incrinate, reni fatti a pezzi e retine distaccate. È la magia di rischiare tutto per realizzare un sogno che nessuno vede tranne te “.

CARLOTTA CRESCITELLI 3AC