Il 16 dicembre del 1770, circa 250 anni fa, nasceva Ludwig van Beethoven, grande compositore della musica classica nonché maggiore esponente della corrente del Romanticismo.  Le sue composizioni, perlopiù pezzi molto drammatici, sono considerate  veri e propri capolavori; Beethoven, con il suo genio, è riuscito ad imprimere un emblematico sigillo alla tradizione colta della musica occidentale.

 

Fu un compositore capace di  trasformare progressivamente in senso “moderno” tutte le forme musicali, nella struttura e nella sostanza, dalla sinfonia alla sonata, dal concerto al quartetto di archi; da questo punto di vista, infatti, rappresentò un modello di riferimento per i musicisti successivi. Perciò, a ragione, Beethoven viene per l’appunto definito come il “Titano della musica”.

 

Fu attento lettore della letteratura e della filosofia del suo tempo, ma anche del periodo classico: “Plutarco mi ha consolato e mi ha ispirato la rassegnazione. Sono fermamente risoluto a contrapporre alle avversità del destino un’anima forte, anche se vi sono dei momenti in cui io sono la creatura più disgraziata del mondo”, sosteneva Beethoven.

Le sue opere più celebri, dall’Eroica all’Inno alla gioia sono tardive e composte in circostanze del tutto sorprendenti, ovvero a 26 anni quando il musicista aveva ormai perso l’udito divenendo totalmente sordo. L’artista tentava di nascondere questa sua malattia dal momento che temeva che essa potesse compromettere la sua carriera; questo giustifica il fatto che molto spesso Beethoven veniva considerato come una persona schiva e con caratteri di misantropia.

Ascoltando una composizione di Beethoven, si avverte quanto questa forma d’arte sia davvero sublime e quanto lui avesse ragione nel sostenere che “la musica costituisce una rivelazione più alta di qualsiasi filosofia”. La sonata per pianoforte n°8, definita anche “Patetica”, che io amo suonare, riesce ad imprimermi forza e, allo stesso tempo, ad alleggerirmi l’animo e a proiettarmi in una dimensione superiore. Come Beethoven stesso affermava, “ogni vera creazione d’arte è indipendente da colui che l’ha realizzata, più potente dell’artista stesso e ritorna al Divino attraverso la sua manifestazione. In questo è un tutt’uno con l’uomo che è testimone dell’espressione del Divino in sé”.