I nostri studenti rispondono a Nicoletta Tancredi, giovane docente in un liceo campano, che ha scritto una lettera ai suoi studenti invitandoli a non sprecare il momento particolare che stiamo vivendo.

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La didattica a distanza è ormai da tanto tempo l’unico modo di fare scuola che gli studenti italiani hann0. All’inizio ci sembrava un gioco: ricordo ancora il primo giorno di videolezione della mia vita, perché mi sono preoccupata di essere vestita come se fossimo in classe, di avere la camera in ordine e ho chiesto alla mia famiglia di non entrare per tutta la durata delle lezioni. E’ bastato poco perché l’entusiasmo della novità svanisse, lasciando spazio a tanti quesiti che ancora non hanno risposta. La professoressa Tancredi ha iniziato la sua lettera dicendo: “Non è un anno sprecato!”. Ha ragione a ricordarcelo, perché spesso noi ragazzi confondiamo la sensazione di incertezza con quella di perdere tempo. 

“Incerto” è l’aggettivo giusto per descrivere questo anno. Non ho mai sentito tanto il peso del tempo, mai fino ad ora. Dopo il 31 di agosto non vedevamo nulla, come non abbiamo visto nulla dopo il 6 gennaio. Siamo in balìa delle date e, al di là di quelle, c’è l’ignoto.

La didattica a distanza è una sfida difficile da affrontare, soprattutto perché ci sarebbero più motivi per mollare che motivi per avere coraggio e spesso mettersi a studiare dopo una giornata di videolezioni risulta molto faticoso. Sentiamo il peso di un programma che sappiamo essere troppo lungo per portarlo a termine in breve tempo, delle spiegazioni che non arrivano chiare come al solito e anche dei risultati sempre più deludenti da noi raggiunti. Per quanto riguarda me, ho la costante sensazione che per ogni argomento che studio manchi qualcosa, un dettaglio che non potrò più cogliere, un senso di incompletezza talvolta irritante. 

La professoressa Tancredi ci ha lanciato un messaggio di incoraggiamento, ci ha chiesto di combattere e di essere ottimisti, ma non è l’unica che ci prega di farlo. Durante questo anno sono cambiate tante cose;  infatti ora il “vivere alla giornata” è quasi un’utopia. Ho iniziato a pensare seriamente a cosa vorrei fare ed essere nella vita e nella mia mente si fa sempre più spazio l’idea che questi saranno gli ultimi anni qui; la voglia di cambiare aria è forte e rappresenta il vero motivo per cui provare a migliorare ogni giorno.

Questo che vivo è stato e continua ad essere un periodo in cui tante verità vengono a galla perché sì, forse è vero che sappiamo nasconderci dietro agli schermi, ma sono proprio le cose che nascondiamo a caratterizzarci. I rapporti umani sono più complessi, anche se devo constatare che la colpa è soprattutto nostra, poiché la sincerità e l’onestà non sono sempre il nostro forte. Probabilmente non lo sono mai state, perché le parole non fuoriuscivano dalla nostra bocca con la stessa facilità con cui lo fanno ora da un cellulare. A distruggerci, credo, non è l’ansia scolastica, perché c’è sempre stata, ma il fatto che ormai l’individualità di ognuno è messa da parte per lasciare spazio a decisioni poco ponderate e talvolta imposte proprio da noi ragazzi. Rivendichiamo la “scuola vera”, senza però pensare che la scuola siamo noi e che, quasi sicuramente, veri non lo siamo mai stati, perché ci limitiamo a rimproverare, giudicare e accusare invece di ascoltare e tentare di comprendere. Oltre questo dannato schermo ci sono persone che, fino a poco tempo fa, si sono guardate negli occhi. Per affrontare al meglio la Dad, quindi, dovremmo seguire sia i consigli della professoressa Tancredi, sia quelli che lo scrittore Enrico Galiano ha lasciato nel suo libro “L’arte di sbagliare alla grande”, che abbiamo letto durante le vacanze di Natale poiché ci è stato assegnato dalla professoressa di italiano.

In uno degli ultimi capitoli, il professore Galiano chiede ai suoi alunni di “essere persone nonostante”. Ecco, dobbiamo smetterla di dire: “Se non fossimo in DaD” e pensare più cose come: “Nonostante siamo in DaD”.

Nonostante siamo in DaD, confido nella speranza che da questo periodo impariamo a mettere tutto in discussione, soprattutto noi stessi, perché torneremo a guardarci negli occhi e non ci saranno più schermo e tastiera che tengano. Solo noi.