Sempre più spesso nel dibattito politico italiano e non solo, sentiamo parlare del populismo. Il fenomeno politico che probabilmente è diventato più rilevante negli ultimi anni è  un termine ormai entrato nel linguaggio politico ma non ha una definizione precisa ed unica. Viene utilizzato per riferirsi alle strategie politiche e comunicative di leader diversi come Donald Trump, Marie Le Pen, il primo ministro ungherese Viktor Orban, ma anche del MoVimento 5 Stelle o della Lega-Salvini Premier.  Possiamo definire il populismo come una prassi comunicativa e politica che mira a rappresentare grandi masse cercando di assecondare le aspettative del popolo basando la costruzione del consenso sull’esaltazione dell’elettorato e sulla sua superficialità.  Uno dei concetti su cui spesso si basano le argomentazioni populiste  è quello di unire le masse contro un nemico comune. Questo approccio di “noi contro loro” ha portato un accanimento nei confronti di una specifica categoria come la famosa casta per i 5 Stelle, i migranti per la Lega e l’Europa per Boris Johnson; la ricerca del capro espiatorio per tutti i mali della società moderna porta molti consensi proprio perché dà la possibilità alle persone di riconoscere una causa comune a tutti i loro problemi che in realtà, come ben sappiamo, provengono da diversi fattori. Infatti se pensiamo ad alcuni problemi molto comuni come la difficoltà a trovare lavoro, gli stipendi bassi o l’inefficienza del sistema sanitario, risulta evidente che queste complicazioni non abbiano una sola causa comune, inoltre un movimento populista non potrebbe essere definito tale senza il proprio leader e parliamo di una figura spiccatamente decisionista che all’interno del proprio partito possa condurre una sorta di One Man show in cui le masse si possono identificare. A questo punto l’ elettore diventa una specie di fan del leader e non si immaginerebbe mai di mettere in discussione il suo operato. Serve quindi una persona particolarmente carismatica e che comunichi in maniera estremamente semplice, senza troppo pragmatismo. 

Il Guardian ha classificato alcuni leader nell’ultimo ventennio in base al contenuto più o meno populista  delle loro idee: secondo questo studio, leader come Berlusconi e Donald Trump si trovano tra i leggermente populisti mentre Angela Merkel viene catalogata come figura non populista. 

Sicuramente nell’ambito della comunicazione i social media sono diventati uno strumento fondamentale della comunicazione di un leader populista, questo perché è più semplice farsi percepire come un uomo del Popolo ma anche perchè è più facile manipolare le informazioni on-line e rilanciare contenuti che possono essere anche fake news  o parziali verità. Infatti nei Paesi in cui è presente una maggiore fiducia nei mezzi di comunicazione standard come la stampa, i telegiornali, i partiti populisti faticano ad ottenere grandi consensi, mentre in paesi come Italia e Francia dove le percentuali di elettorato che reputano Facebook una fonte di informazione affidabile, sono più alte e il populismo fa da padrone. 

Ma a cosa dobbiamo l’ascesa dei movimenti populisti a cui abbiamo assistito negli ultimi anni? Sicuramente influiscono le difficoltà economiche di strati sempre più ampi della popolazione come il cosiddetto declino delle classi medie e questo spiega anche perché in paesi economicamente più stabili come la Germania, questa impennata di consensi per i partiti populisti non ci sia ancora stata; ma questa non è l’unica ragione; infatti, incide anche una reazione culturale al cambiamento che secondo molti potrebbe essere ancora più influente rispetto al livello di benessere economico. Si tratterebbe di una reazione per difendere, riaffermare i valori che vengono messi in pericolo dall’evoluzione delle politiche della società. Da questo possiamo anche capire perché molte persone non affini al pensiero populista si ritrovino poi a votare politici considerati populisti .

Federica Federico VB cl.