Il 27 gennaio 1945 è la data in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di sterminio di Auschwitz. Dal 2005 questa è riconosciuta come la Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto. Simbolo di questo periodo sono sicuramente il Diario di Anna Frank e l’opera di Primo Levi, testimonianza  diretta degli orrori nazisti. Ma quelle non sono le sole pagine a raccontare la condizione degli Ebrei.

Una testimonianza importante è quella di Esther -Etty- Hillesum, olandese di origine ebraica, autrice di “Diario 1941-1943” e delle “Lettere 1942-1943”. Nata in una famiglia della borghesia intellettuale di Amsterdam, Etty fu una giovane straordinaria e complessa, controcorrente, profonda, insaziabile di vita e di amore, piena di ardore ed ironia. La sua vita è l’emblema del cammino di una donna che oltre tutti i fili spinati, interiori ed esteriori, ha voluto sempre pensare con il cuore. Sperimentò in prima persona le limitazioni delle leggi razziali imposte dal Regime nazista nel 1940, quando i Tedeschi irruppero in Olanda. Gli Ebrei furono privati dei diritti civili e della dignità umana. Furono costituiti i Consigli Ebraici, intermediari tra le autorità e la locale comunità israelitica, di fatto obbligati ad attuare le decisioni prese contro gli Ebrei dalle SS. Etty vi lavorò come dattilografa, incarico questo che l’avrebbe esentata dalla deportazione. Decise però di non avvalersi di quell’opportunità, scegliendo di condividere la sorte del suo popolo. “Chi sono io per accettare di salvarmi…?”. Volle stare vicino alla sua gente, condividerne il destino crudele. Dal “campo di transito di pubblica sicurezza” di Westerbok, Etty Hillesum seguì i deportati ebrei nell’inferno di Auschwitz, rinunciando ai suoi privilegi. Sentì forte la responsabilità di dedicarsi agli altri e alleggerire il dolore dei meno fortunati. Si fece testimone e cronista della dignità umana in un mondo sempre più disumanizzato.

Nel 1941 decise di scrivere un diario in cui raccogliere i suoi pensieri, le sue emozioni, una fotografia di quello che si trovò a vivere. “Qui di amore non ce n’è molto, eppure mi sento ricca … Trovo questa vita bella e ricca di significato”. Sopportò, patì, si dedicò agli altri; grande fu il suo amore per il prossimo. Intraprese un viaggio all’interno di se stessa e in lei cominciò a farsi strada Dio, un Dio intimo e personale, il suo unico interlocutore, che le diede la forza di sottrarsi all’orrore quotidiano. Ma non al suo destino.
Etty Hillesum morì ad Auschwitz il 30 novembre 1943. In eredità ha lasciato la sua voce e il suo cuore che hanno trasformato un’immane tragedia in occasione di riflessione sui comportamenti dell’ uomo. Anche grazie al suo “cuore pensante”, il male subito dagli Ebrei mai cadrà nell’oblio.