Caro Presidente Draghi,
nel suo ultimo discorso al Senato ha esposto le sue intenzioni riguardo al ritorno degli studenti a scuola. Ha parlato di un prolungamento del periodo delle lezioni e degli orari, accennando al fatto che questo sarebbe l’unico modo che gli studenti avrebbero a disposizione per recuperare le lacune causate dalla DaD, specialmente quelli del Sud.
Signor Draghi, vorrei farle solo una domanda: quali sondaggi lei conosce o ha fatto realizzare per arrivare alla sicura conclusione che quest’anno scolastico necessita di un prolungamento? Non sto mettendo in dubbio il fatto che lei abbia dati attendibili, dato che in qualità di Presidente del Consiglio sarà sicuramente ben informato. Ma allora, la prego, ci mostri questi sondaggi o ricerche che avvalorano le sue opinioni, ci dia la prova tangibile del fallimento (fantomatico?) del nostro anno in DaD.

Lei è mai stato in un’aula nei mesi di maggio o giugno? Ha idea di quanto caldo ci sia e di quanto i ragazzi e i professori siano esausti a fine percorso didattico? Ha idea di come ci si senta dopo aver trascorso tanti mesi davanti ad un pc? Noi abbiamo studiato e ci siamo impegnati anche il doppio del dovuto, caro signor Draghi, per restare al passo con i programmi. Abbiamo affrontato problemi molto diversi dalla semplice ansia prima di un’interrogazione, come l’essere messi in discussione non solo dai docenti, ma dalla comunità stessa. Noi studenti abbiamo partecipato alle lezioni a distanza, per il secondo anno, ritrovandoci qualche volta privati della fiducia degli insegnanti, con la costante paura di un calo del wifi e dell’accusa di non aver studiato abbastanza.

Alcuni di noi nella pandemia hanno perso familiari o sono stati contagiati loro stessi, ma hanno comunque continuato ad impegnarsi, nonostante il dolore dei lutti e i drammi interiori. Forse alcune scuole non hanno realizzato una DaD eccellente ed è possibile che alcuni ragazzi abbiano lavorato meno di altri. Ma obbligare tutti gli studenti a non riposarsi solo perché alcuni istituti potrebbero essersi male organizzati, è un po’ eccessivo. Anche perché, non prendiamoci in giro, non è che in tutte le scuole si studi allo stesso modo; ma la questione di chi ha fatto o non ha fatto cosa, non risolve nulla. E comunque, Presidente, viene spontaneo chiedersi se per lei e i suoi colleghi faccia più rumore un albero che cade o una foresta che cresce.  È giusto parlare sempre di quelli che non hanno fatto abbastanza? È giusto non tener conto di migliaia di ragazzi e ragazze che hanno lavorato diligentemente fino all’ultimo, con i loro professori? È giusto considerare quest’anno come una perdita di tempo? È lecito indicare noi meridionali come gli alunni che hanno più lacune? Glielo dico io, assolutamente no.

Oltretutto si è osservato come l’aumento dei contagi a scuola sia stato causato, per la maggior parte dei casi, dalla scarsa organizzazione in materia di trasporti. Suppongo che anche lei abbia visto le foto dei treni pieni fino all’ultimo vagone, dei pullman affollatissimi e della mancanza di controllori o di qualsiasi altra autorità che potesse intervenire almeno a verificare i biglietti. Allora, perché non approfittare dei mesi estivi per potenziare i mezzi pubblici piuttosto che ributtarci tutti in classe? Anche perché, lo sa meglio di me, se la situazione dei trasporti e dei controlli nelle strade non migliorerà, riportarci a scuola sarebbe come gettarci in un lazzaretto e i contagi aumenterebbero: questo è più o meno quello che è successo nello scorso settembre, no?  E poi, mi chiedo perché ci sia questo affanno verso la riapertura degli istituti: la scuola è andata avanti, i professori non hanno perso il loro lavoro e i programmi sono stati quasi del tutto completati. Noi non siamo rimasti indietro.

Perché non si considera la possibilità di ripartire dai settori che più hanno subito danni dalla pandemia? Pensiamo per esempio ai ristoranti, ai negozi, alle zone di mercato. Sappiamo bene che non tutti hanno potuto richiedere sussidi o il reddito di cittadinanza; quindi, perché non volgere il primo sguardo a loro? Rispetto a una scuola, con i dovuti mezzi di sanificazione, un ristorante è più piccolo e, contenendo meno persone al suo interno, potrebbe garantire una maggior sicurezza.
Non le sto certo dicendo quello che deve o non deve fare, caro Presidente, perché non ne ho la competenza né l’autorità. Le sto solo esprimendo quelli che sono i dubbi non solo di una giovane cittadina, ma di buona parte degli Italiani. Ovviamente, lei procederà come meglio crede; ma penso che se davvero terrà aperte le scuole fino al termine del mese di giugno dovrà prendere in considerazione il fatto che, forse, le aule non si riempiranno di studenti, pur in sicurezza, come lei spera…

Chiara Cinquegrana, III A classico