“Una donna se rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo”, dichiara in un post su Facebook la pallavolista Lara Lugli. Ma cos’ha portato l’atleta a scrivere queste parole?

Le vicende, a cui fa riferimento nel suo post la giocatrice, risalgono alla stagione 2018-19. Nel marzo 2019, infatti, Lara rimane inaspettatamente incinta. In seguito, la Lugli  comunica al club in cui militava al tempo, il Volley Pordenone, di essere in maternità e, quindi, di non poter proseguire la stagione, risolvendo il contratto come da prassi. Tutto sembra filare liscio fino a quando, dopo solo pochi mesi, la pallavolista perde il suo bambino per aborto spontaneo.

La situazione peggiora quando, due anni dopo, Lara viene citata per danni dalla sua ex squadra. La giocatrice, infatti, aveva richiesto la corresponsione dello stipendio del mese di febbraio, per il quale lei aveva effettivamente lavorato.
La società nega la richiesta all’ormai 41enne atleta e la cita per danni. Nella querela il presidente del club, Franco Rossano, spiega che la Lugli avrebbe violato il contratto firmato per quella stagione, “vendendo prima la sua esperienza con un ingaggio sproporzionato e poi nascondendo la volontà di essere madre”. Questa scelta avrebbe, secondo il presidente, portato la società a perdere punti sul campo e sponsor per la seguente stagione.
A seguito di queste accuse, Lara Lugli ha deciso di denunciare l’accaduto con un post, quello citato all’inizio dell’articolo, nel quale spiega la sua posizione e le sue reazioni. “L’atto di citazione per i danni mi ha ferita profondamente”, dichiara l’atleta.

La notizia è arrivata ovunque nel mondo, tanto da raggiungere una delle testate giornalistiche più conosciute, il New York Times, che ha scritto un articolo dedicato interamente alla storia della Lugli, nel quale, fra le altre cose, si mette in risalto il fatto che il nostro paese abbia “stereotipi profondamente radicati”.
A seguito dell’accaduto molti si sono mossi in azioni solidali nei confronti della pallavolista. Tanti sono stati i messaggi di supporto rivolti alla vittima delle accuse, ad esempio quello del capitano della nazionale maschile Ivan Zaytsev. Nella sua lettera il giocatore, attualmente in forza al Kuzbass Kemerovo, si dice “totalmente dalla parte di Lara”. Anche il presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, ha scritto su Twitter che “invocare la condanna, perché in maternità, è una violenza contro le donne”. Un altro gesto di solidarietà verso la Lugli è quello dei molti pallavolisti, sia uomini che donne, che, al momento del saluto delle squadre nelle gare di Coppa Italia A-2, si sono mostrati con il pallone sotto la maglia.
A favore di Lara Lugli si è mossa l’associazione Assist, che tutela e rappresenta i diritti delle atlete di tutte le discipline sportive. Per chiedere di intervenire sulla questione, l’associazione ha espresso la volontà di scrivere al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e al Presidente del Coni, Giovanni Malagò. “In questa spregiudicata iniziativa si annida il vero scandalo culturale del nostro Paese” sottolinea Assist. In accordo con la società Assist si è mossa anche Differenza Donna Ong, anch’essa impegnata nella tutela dei diritti delle donne. Le due associazioni hanno organizzato il progetto Save, per chiarire i diritti umani delle donne ed avere una risposta istituzionale riguardo alle loro violazioni.

La storia di Lara Lugli non può passare inosservata. In attesa di una soluzione concreta a problemi come questo, ognuno di noi deve impegnarsi per mostrare il dovuto rispetto alle donne come professioniste. Solo in questo modo potremmo sradicare quegli stereotipi culturali a favore della parità di genere.