IL DISCORSO DI DON PAOLO PASOLINI: FEDE O DISINFORMAZIONE?
“Esistono delle aziende, statali oppure private, che pagano delle donne povere per lasciarsi ingravidare. Poi, al quarto o quinto mese, viene loro asportato il feto vivo a cui vengono tolti cuore, fegato e polmoni. Questi organi vengono venduti alle aziende farmaceutiche per fare i vaccini, tra cui l’Astrazeneca”.
Quella che avete appena letto non è la dichiarazione di un esperto nel campo farmaceutico che è venuto a conoscenza degli orrori celati dietro la produzione dei vaccini. Non è neppure il parere di un noto e stimato virologo, ma è uno stralcio dall’omelia di un sacerdote: don Paolo Pasolini, prete di Cesena.
No, non è uno scherzo. Don Paolo ha pronunciato quest’aberrante discorso ai fedeli e parrocchiani, incurante anche del fatto che la messa non è certo il momento adatto per parlare di politica o di qualsiasi altro argomento che trascenda la religione. Soprattutto, la voce dell’ignoranza si è fatta sentire di nuovo, lasciandosi dietro, questa volta, non solo la sua mera eco, ma anche qualche seria conseguenza. Non è da escludere, infatti, che più di qualche credente abbia dato peso alle parole del parroco e abbia quindi deciso di non vaccinarsi. Per la maggior parte, coloro che si recano regolarmente in Chiesa sono persone più avanti con l’età, che si fidano dei rappresentanti della propria fede più che del Governo. L’accanimento contro i vaccini e le teorie del complotto sono ormai ben noti. L’opinione di don Pasolini nasce dalla pura disinformazione; avrebbe avuto comunque il diritto di essere espressa, ma non nel luogo e nel momento da lui scelti, non se può nuocere alla salute delle persone. Il parroco dovrebbe sapere bene che un emissario di Dio, quale lui è, per i fedeli è quasi come un professore: deve insegnare agli alunni la propria materia, ma non imporre le proprie opinioni e la sua personale visione del mondo come verità indiscutibile.
Don Pasolini si è autoproclamato esperto della questione “vaccini” ed ha cercato di inculcare nella mente dei credenti le sue idee personali. Si è comportato, quindi, non da sacerdote, bensì da fomentatore di animosità. Così, ha mosso false accuse non solo contro le aziende farmaceutiche ma anche contro le donne che decidono di abortire. Facendo quindi un innesto fra credenze personali e religiose, ha etichettato per l’ennesima volta le donne che non portano avanti una gravidanza, sfiorando i limiti della manipolazione e della menzogna. La reazione del vescovo, che è intervenuto riducendo le affermazioni del sacerdote a idee personali, ricordando invece la differente posizione sui vaccini tante volte espressa da papa Francesco, non si è fatta attendere.
Mai come ora il nostro paese ha bisogno che le menti delle persone restino lucide, senza condizionamenti esterni, così che non ci si esponga irresponsabilmente al pericolo del contagio. E’ vero, la situazione dei vaccini va ancora meglio definita e ci sono alcune perplessità, ma non bisogna assolutamente educare i cittadini ad un rifiuto della somministrazione di ciò che invece può proteggerli. Per sviluppare un vaccino ci vogliono anni di ricerca e sperimentazione; il sacerdote avrebbe potuto dire che era stata una benedizione divina ottenere il vaccino in così poco tempo. In realtà quando non si è ben informati non si dovrebbe parlare. Bisognerebbe che si fosse consapevoli, infatti, dell’influenza che potremmo avere su chi ci circonda.
Come è scritto nell’Antico Testamento: “Per ogni cosa c’è il suo momento […], un tempo per tacere e un tempo per parlare”.
Questo era, decisamente, il momento di seguire le Scritture e tacere.
Chiara Cinquegrana, IIIAC
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