La Conferenza delle Parti, o COP26, è l’incontro di quasi tutti i Paesi del Mondo per i vertici globali sul clima, presieduto quest’anno dal Regno Unito a Glasgow in Scozia.

La COP26 ha tre obiettivi principali: il primo è quello di azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C; il secondo mira alla salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali; il terzo consiste nella mobilitazione di finanziamenti per ottenere quanto prefissato. Per raggiungere questi tre obiettivi c’è bisogno soprattutto della collaborazione di tutti i Paesi sviluppati, cercando di fare il prima possibile.

Il 31 ottobre scorso a Glasgow ha avuto inizio l’ultima conferenza ONU per discutere dell’eliminazione del carbone dai processi di industrializzazione;  purtroppo si è ottenuta solo una riduzione di questo e il problema del surriscaldamento della Terra resta una responsabilità esclusiva dei governi che dovranno autoregolamentarsi. Questo è accaduto a causa principalmente degli Stati Uniti e dell’Unione Europea i quali non hanno concesso una struttura di finanziamento per favorire lo sviluppo industriale di Paesi emergenti, evitando loro il ricorso all’uso di energie inquinanti. Inoltre anche la Cina e l’India hanno ridotto le possibilità di realizzazione degli obiettivi della COP26 poiché hanno cercato il compromesso, firmando il patto solo se tutti gli Stati avessero fatto un passo indietro sui combustibili fossili. In questo modo ne hanno tratto vantaggio anche altri Paesi quali l’Arabia Saudita, l’Australia e la Russia.

Un altro problema, tra i maggiori, riguarda la mobilitazione finanziaria che prevede il superamento dei 100 miliardi l’anno, già confermato, arrivando alla cifra di 600 miliardi di dollari entro il 2025, come promesso già nel 2009 a Copenaghen; per il reperimento dei soldi ci sarà bisogno, dunque, dell’aiuto dei Paesi sviluppati che dovranno raddoppiare il loro sostegno economico passandolo da 20 a 40 miliardi di dollari all’anno. Purtroppo su questo punto non è ancora stato trovato un accordo se non quello di avviare un programma di lavoro di due anni utili ad identificare le esigenze dei Paesi in via di sviluppo.

Anche l’obiettivo dell’adozione della Roadmap per la riduzione delle emissioni climalteranti al 2030 è stato rinviato di un anno, con la speranza di trovare un accordo per il taglio del 45% delle emissioni di CO2 rispetto al 2010 per raggiungere l’azzeramento completo entro metà secolo.

A conferenza terminata, la giovane ambientalista svedese Greta Thunberg espresso il suo commento:

“Ecco un breve riassunto: bla, bla, bla”.

Aggiungendo:

“Il lavoro continua fuori da queste sale”

E promette che mai si arrenderà.

Giorgia Cannavacciuolo 2A classico