Quest’anno ricorre il trentennale della morte del giudice Falcone, barbaramente strappato alla vita da una tremenda esplosione. L’anniversario della sua morte deve costituire uno spunto di riflessione per noi studenti che ci affacciamo alla vita adulta con la speranza che non accadano più avvenimenti così tristi perché, come diceva Giovanni Falcone, “la mafia è un fatto umano e come tutti gli eventi umani, è destinata a finire”. 

Giovanni Falcone è solo uno tra i più grandi eroi che si sono battuti contro la mafia: il suo coraggio, la sua umiltà e la sua determinazione rappresentano l’esempio di libertà soppressa dalla mafia, che scelse di ucciderlo  brutalmente.
È il 23 maggio 1992, quando a Capaci ci fu questo famoso attentato terroristico-mafioso da parte dei Cosa nostra, organizzazione criminale siciliana.
Quel giorno il giudice Falcone stava tornando a casa da Roma. Atterrato a Palermo, lo attendeva la sua scorta che lo accompagnò all’auto dove si mise alla guida di una Croma Bianca; in macchina con lui c’erano la moglie e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza, la macchina era preceduta da una Croma marrone, con gli agenti Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Ducillo, e da una Croma azzurra con gli agenti Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corpo.
Alle 17:38, al chilometro 5 della A29, nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, il sicario Giovanni Brusca azionò una carica di 5 quintali di tritolo, posizionata in una galleria scavata sotto la roccia.
Fu proprio in questo momento che Giovanni Falcone compì un errore fatale rallentando per prendere un mazzo di chiavi nel cruscotto.
Lo scoppio colpì in pieno solo la Croma marrone e i tre agenti della scorta morirono sul colpo; Falcone era ancora vivo, ma morì a causa di un trauma cranico mentre veniva trasportato in ospedale.
La mafia tolse la vita a 5 persone e ne ferì 23 e ciò segnò il suo definitivo cambio di strategia: quello che un tempo sarebbe stato un omicidio con armi da fuoco diventa un grande attentato.
Il 25 maggio 1992 si svolsero a Palermo i funerali delle vittime .
Questa strage ci lascia numerosi dubbi, ci si chiede perché ci si allontana costantemente dalla verità; ancora oggi, infatti, molti aspetti  di questa strage disumana risultano oscuri a causa dei numerosi depistaggi, dell’omertà dei giovani, ma soprattutto delle istituzioni.
La grande eredità che ci lascia Falcone è il suo metodo di lotta contro la criminalità: egli ha posto fine alla lunga serie di assoluzioni per insufficienza di prove che caratterizzarono i processi di mafia negli anni 80 in Sicilia.
Fu in grado di ottenere il massimo dalle norme in vigore all’epoca arrivando alle storiche condanne del Maxiprocesso di Palermo. Fu precursore degli accertamenti bancari come strumento d’indagine. “Segui il denaro troverai la mafia”, era il suo motto. È stato tra i primi investigatori a utilizzare proficuamente i contatti diretti con i giudici stranieri nelle attività di cooperazione internazionale.
Il suo punto di forza è stata la perseveranza, egli non ha mai mollato, conosceva la mentalità mafiosa ed era capace di comprendere il suo linguaggio e il suo modo di agire.
Ricordarlo significa  oggi rendere più salda la Repubblica e più unita la popolazione nella lotta contro la criminalità.