AMORE SENZA LIVIDI: INCONTRO CON CHIARA NOCCHETTI
Nella giornata di venerdì 9 novembre, presso l’aula magna del nostro istituto, si è tenuto un incontro con la scrittrice Chiara Nocchetti, autrice di “Vico Esclamativo” e del recente “Amore senza lividi”. Tramite una serie di interviste riportate in prima persona, questo libro toccante racconta le storie di violenza domestica subite dalle donne del rione napoletano Sanità, poi riunitesi nell’associazione “Forti Guerriere” per tutelare e sostenere le donne in difficoltà perché vittime degli abusi dei loro compagni. All’incirca un anno fa, Fortuna Bellisario, di trentasei anni, residente proprio nel rione Sanità, è stata uccisa dal marito dopo ripetute violenze durate anni e anni.
L’incontro, aperto da una bella esibizione dei ragazzi del nostro indirizzo musicale e conclusosi con le ultime domande degli studenti, è stato estremamente interessante e piacevole perché abbiamo avuto l’opportunità di conoscere non solo l’autrice Nocchetti, ma anche Chiara, la persona che si cela dietro il nome della scrittrice, dolce e forte insieme. Si è presentata a noi una ragazza solare, palesemente grata delle attenzioni che le venivano rivolte e, cosa ancora più simpatica, capace di ignorare e di sdrammatizzare i nostri imprevisti problemi ‘tecnici’.
Il libro rispecchia la sua personalità, perché con determinazione, grazia e dolcezza indaga spietatamente gli aspetti più degradanti di queste relazioni tossiche, raccontate cercando di “entrare con delicatezza nelle vite altrui”, perché purtroppo le ferite dell’anima sono quelle più difficili da trattare.
Nelle ore trascorse insieme a Chiara Nocchetti abbiamo affrontato gli argomenti più disparati, dalla violenza di genere fin anche all’educazione sessuale nelle scuole. Lei ci ha ricordato infatti quanto essere nati dalla parte giusta del mondo sia solo una “botta di fortuna”, e che, mentre noi parlavamo serenamente, decine e decine di persone, magari in Iran o in Afghanistan, venivano impiccate o torturate senza un valido motivo. Per essere liberi, però, non basta vivere in uno Stato in cui certe leggi disumane, come quella che tutelava il delitto d’onore, sono abolite, ma bisogna anche essere coscienti ed indipendenti.
Coscienti, perché anche se proveniamo da un ambiente familiare difficile dobbiamo essere capaci di “uccidere i nostri genitori”, nel senso metaforico e filosofico inteso da Freud e cioè prendendo le distanze da loro e cercando di comprendere noi chi siamo e cosa vogliamo per la nostra vita. Questo vale anche in ambito sessuale, perché, come ci diceva Chiara Nocchetti, quando ha dialogato con alunni di scuole difficili, si è trovata di fronte a diciottenni sessualmente attivi del tutto all’oscuro di determinate dinamiche che invece dovrebbero ben conoscere. Ecco quindi l’importanza che l’autrice assegna al ruolo della scuola: essa, infatti, non è solo un’istituzione, un insieme di banchi e lavagne, ma “un ponte che ci collega al resto del mondo”. Ma come è importante studiare, lo è ancora di più lavorare. Il lavoro, da sempre, è ciò che nobilita l’essere umano, che gli permette di essere autonomo. Per questo molte donne spesso hanno paura di denunciare il proprio partner, perché sono prive di una rendita personale con cui mantenere i figli e hanno paura che questi possano essere strappati via da loro per decisione delle autorità, cosa che l’autrice ci ha chiarito essere un falso mito. Difatti i minori vengono allontanati solo quando anche la madre non può occuparsi di loro e, nel caso, è sempre previsto un futuro reintegro in famiglia.
La cosa che più mi ha colpito di Chiara Nocchetti è stata la sua capacità di immedesimarsi negli altri e di cogliere le sfumature della realtà. Niente può essere totalmente “bianco” o assolutamente “nero”: esistono anche le zone “grigie”, quelle difficili da cogliere. L’averci spiegato che gli uomini che si sono macchiati di tante violenze sulle donne non erano cattivi a prescindere, “come i villain delle favole”, ma che avevano anch’essi alle spalle delle storie e delle infanzie difficili, è stata una cosa che ho particolarmente apprezzato.
Si è parlato molto anche del fatto che in una relazione non si può parlare di colpe, ma di responsabilità, che non vanno addossate ad una sola persona, ma ad entrambe: perché purtroppo quasi nessuno si rende conto che “il principe azzurro” non deve essere necessariamente un fidanzato, ma chi è capace di far uscire fuori il nostro meglio. Chi ci ama davvero non è colui che ci proibisce di fare qualcosa, ma chi ci apre nuove strade e non ci fa sciupare il tempo che la vita ci dona. Banalmente, quindi, possiamo essere noi stessi il nostro principe salvatore, o magari un’amica, un genitore, un professore, perché l’amore non è qualcosa di esclusivo per una singola persona, ma si moltiplica mille e più volte e con le sue multiformi accezioni occupa le numerose stanze del nostro cuore, che sono, come ha detto l’autrice citando Gabriel Garcia Marquez, “più numerose di quelle di un bordello”.
Dopo aver risposto alle nostre domande, Chiara si è offerta di dedicarci la lettura della preferita tra le storie del suo libro, “Bella da morire”, chiedendoci prima perché secondo noi una ragazza possa sentirsi lusingata quando un ragazzo le dice “tu sei mia”. Può sembrare una semplice dichiarazione d’affetto, una frase che ci fa sentire speciali; ma in realtà le parole, come lei ci ha spiegato, definiscono i nostri pensieri e le nostre azioni. Ed è per questo che dobbiamo stare attenti a come le usiamo: una frase detta senza malizia e per pura abitudine può gravemente ferire o condizionare qualcuno anche per anni. Da questo discorso si evince la sua capacità di cogliere le fragilità altrui cercando per esse una soluzione, che spesso coincide con la terapia, a suo avviso. L’atteggiamento che la Nocchetti ci ha proposto nei confronti delle avversità non è vittimistico o proprio di chi ha deciso di rassegnarsi al dolore, ma quello di chi affronta il dolore a testa alta.
Perché, come ci ha detto prima di salutarci, “noi siamo un grande cielo e i nostri malesseri sono come le nuvole: prima o poi passeranno”.
Chiara Cinquegrana, VAC
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