La storia dell’umanità è piena di misteri, di verità nascoste che, solitamente, grazie al trascorrere del tempo, tornano a galla. Eppure, esistono casi in cui il tempo è nemico della verità e amico di coloro che cercano di tenerla sepolta. Talvolta, nonostante le indagini e le varie piste, verità anche inquietanti per l’uomo, non riemergono.

E’ proprio questo il caso della quindicenne Emanuela Orlandi scomparsa da Roma il 22 giugno del 1983. Emanuela era una ragazza semplice, acqua e sapone, senza grilli per la testa.  Risiedeva con la sua famiglia, composta non solo dai suoi genitori, ma anche da suo fratello Pietro e dalle sue tre sorelle: Natalina, Federica e Maria Cristina, all’interno della Città del Vaticano, la città stato nel cuore di Roma, dove ha sede il Papa, e dove lo stesso padre, Ercole Orlandi, lavorava come Commesso della Prefettura della Casa Pontificia, prestando servizio presso diversi uomini religiosi, anche pontefici. In questo piccolo mondo, in cui il contatto con la fede era così tangibile, chiunque si sarebbe sentito al sicuro ed evidentemente anche Emanuela lo era. La ragazza viveva, infatti, una vita spensierata scandita dagli studi del liceo scientifico e dai grandi sogni legati alla musica e al canto. Dotata, infatti, di un incredibile talento musicale, Emanuela amava cantare, suonare il pianoforte e il flauto traverso e, proprio per questo, frequentava l’Accademia di musica Tommaso Ludovico da Victoria, in piazza Sant’Apollinare. Il pomeriggio di quel lontano 22 giugno uscì di casa per andare a lezione di flauto e da quel momento nessuno ha avuto più sue notizie. Emanuela quel pomeriggio  sparì  nel nulla  senza che nessuno si accorgesse di niente e dopo quarant’anni il suo costituisce ancora un caso senza soluzione. In quarant’anni, però, mai si è affievolito l’urlo di rabbia e di dolore dei familiari, che non hanno mai permesso che questa storia cadesse nel dimenticatoio. La storia di Emanuela, infatti, è stata raccontata anche dalla docu-serie di Netflix “Vatican girl”, prodotta dalla società di produzione inglese RAW. In questa serie, composta da quattro puntate, il fratello di Emanuela, Pietro Orlandi, racconta i momenti di sgomento e di confusione vissuti dalla famiglia; vengono riportate le testimonianze di vari giornalisti; vengono rielaborati i fatti e ricostruita la storia anche attraverso filmati originali dell’epoca. La docu-serie dà così voce alla famiglia Orlandi, che per anni, troppi, è stata costretta a seguire tutte le innumerevoli piste pur di ritrovare Emanuela, vivendo in un eterno loop infernale senza via d’uscita; dà voce a tutti quei testimoni, veri o falsi, che, nel corso degli anni, sono riusciti, forse per paura delle conseguenze, a raccontare solo mezze verità, e a volte neanche quelle. E’ sorprendente notare che le piste aperte intorno al caso Orlandi sono state innumerevoli: allontanamento volontario, rapimento; sono stati coinvolti servizi segreti, organi di stato, la Banda della Magliana, il Banco Ambrosiano, Alì Agca; si è parlato persino di religione e di Vaticano unitamente a pedofilia e violenza.  Una cosa è sicura però: “non importa quale sia la pista giusta perché in tutte c’è un pizzico di verità e, in qualche modo, tutte riportano al Vaticano”. Quest’ultimo, tuttavia, si è sempre rifiutato di collaborare e  ha più volte asserito di essere estraneo alla vicenda. Per decenni ha alzato un muro negando risposte a Pietro, sostenendo di non avere nulla a che fare con il caso, anche perché il rapimento era avvenuto sul suolo italiano e non sul suolo del Vaticano. Ogni volta, però, che si apriva una nuova pista che puntava nuovamente i riflettori sul caso Orlandi, il Vaticano veniva sempre coinvolto. Il silenzio forse serviva a evitare uno scandalo? Non sarebbe questo stato il primo anche perché il Vaticano, nel corso della storia, è stato spesso interessato da scandali.  Quello più imponente, paragonabile ad un terremoto che ha avuto la capacità di scuotere le fondamenta della chiesa stessa, è quello risalente al 2016. Venne chiamato “Vatileaks” e consisteva nella fuga di documenti segreti su corruzione ed errate gestioni finanziarie che dal Vaticano finirono nelle mani di alcuni giornalisti e, quindi, sulle testate dei più importanti giornali italiani. Questo scatenò un processo che fece venire alla luce un dossier segreto di proprietà del Vaticano su Emanuela Orlandi. Il Vaticano aveva sempre negato l’esistenza di indagini interne o l’esistenza di documenti che riguardassero il caso Orlandi all’interno della santa sede, mentre ora, invece, si scopriva non solo che quei documenti esistevano, ma che erano stati sottratti alle indagini e nascosti per più di trent’anni. Si trattava di un dossier datato 28 marzo 1998 il cui titolo posto in cima al documento diceva: RESOCONTO DELLE SPESE SOSTENUTE DALLO STATO VATICANO PER LE ATTIVITA’ RELATIVE ALLA CITTADINA EMANUELA ORLANDI. Ovviamente la scoperta di questi documenti provocò uno shock che cambiò interamente il profilo della storia, in quanto ciò avrebbe significato che qualcuno, all’interno del Vaticano, sapesse, già da anni, ciò che era successo ad Emanuela Orlandi ed aveva taciuto. La gravità di questa nuova pista era enorme, al tal punto da far credere che si trattasse di un falso, ma, purtroppo, anche questa volta, la Chiesa è rimasta in silenzio. Così come è rimasta in silenzio quando è stata seguita la pista secondo la quale la Banda della Magliana avrebbe rapito la quindicenne per aiutare un alto prelato Vaticano a risolvere un problema che lo riguardava in prima persona. Come ricompensa il capo della banda, De Pedis, avrebbe ottenuto un sepolcro in Sant’Apollinare. Il silenzio sordo della Chiesa ha provocato il boato più forte di tutta questa storia, scatenando miliardi di perché. Forse, se risultasse vero, una risposta potrebbe essere data dalla testimonianza anonima di un’amica di Emanuela, che per anni ha custodito un segreto pesante come un macigno. Una settimana prima della sua scomparsa, Emanuela aveva deciso di incontrarla per confidarle un segreto: una persona molto vicina al Papa l’aveva infastidita mentre passeggiava nei giardini Vaticani. L’amica aveva capito, senza bisogno che Emanuela desse altre spiegazioni, che si trattasse di un qualcosa di ambiguo ed equivoco. Se solo avesse parlato, se solo il Vaticano avesse dato risposte…se, se, se, troppi in questa storia. Per anni il Vaticano ha scelto di archiviare le indagini lasciando, però la possibilità a Pietro Orlandi ed alla sua famiglia di procedere in tal senso in maniera autonoma. Con grande sorpresa, quindi, forse  anche grazie al successo mediatico ottenuto dalla serie, nel gennaio di questo stesso anno, il Promotore di Giustizia del Vaticano ha deciso di aprire un fascicolo su questo caso.  Erano anni che la famiglia Orlandi chiedeva una collaborazione con il Vaticano affinché si arrivasse ad una fine e finalmente, inaspettatamente, questo momento sembra sia giunto. Pietro Orlandi non si è mai rassegnato e ha continuato, imperterrito, a ricercare la verità. Del resto mai lo avrebbe fatto, anche perché, come lui stesso ha sempre detto “Finché non avrò un corpo, ho il dovere di cercarla viva”; ed è proprio così che ci auguriamo sia Emanuela, viva!

 

Paola Lanzetta lll A musicale.