Qual è il modo migliore di vivere la propria vita? La nostra esistenza ha davvero senso? Nel corso della storia, in molti hanno provato a rispondere a domande come queste. Si è ispirato alla questione anche Raphael Bob-Waksberg, creatore della serie “Bojack Horseman”, che ha tentato di dare, nel suo show, una risposta al quesito. Bojack Horseman descrive la vita dell’omonimo protagonista, in una luccicante Hollywood parallela abitata da animali antropomorfi che vivono in sintonia con gli esseri umani. Il nostro protagonista è un cavallo attore che ormai si è lasciato alle spalle il suo periodo d’oro in cui recitava in una sitcom di successo e ora rimpiange la sua vita precedente fra droghe, alcool e sesso occasionale. Sin dai primi passaggi dello show ci accorgiamo come la vita di Bojack sia ormai allo sbaraglio, nonostante lui cerchi di trovarvi un senso. In effetti, la serie racconta il percorso che il nostro attore dovrà percorrere per trovare un senso alla propria esistenza. Dunque, se la vita è davvero priva di senso, come dovremmo rapportarci ad essa?

Un primo elemento risolutore può essere individuato nella continua distrazione. Tutti i principali personaggi della serie sembrano inizialmente vivere in uno stato di continua distrazione dalla vita quotidiana: Princess Carolyn, la gatta agente di Bojack, è costantemente impegnata nel lavoro che le assorbe la maggior parte del suo tempo e le impedisce di soffermarsi sui suoi reali problemi, Todd, migliore amico di Bojack, sembra essere felice solo quando ha un’attività o un hobby da svolgere, che sia avviare il proprio business, scrivere musica, associarsi a misteriosi gruppi religiosi o altro, Mr. Peanutbutter, labrador collega e amico del protagonista, è sempre alla ricerca di una minima distrazione.  Infine abbiamo Bojack stesso, la cui vita è un susseguirsi di distrazioni, tanto leggere, come il rivedere costantemente gli episodi della sua vecchia sitcom, quanto pesanti, quali l’abusare di alcol e droghe o il lanciarsi in serate sfrenate alla sola ricerca di una donna da portare a letto e abbandonare l’indomani.
In effetti, il primo a individuare le distrazioni come una possibile via d’uscita ai problemi della vita fu il filosofo e matematico francese Blaise Pascal nel XVII secolo.
Più che un modo di risolvere i problemi, però, Pascal vedeva il distrarsi come una via di fuga. Egli infatti sosteneva che, essendo posto in una condizione in cui non può conoscere a pieno sé stesso e il mondo, l’essere umano contempla la propria condizione tragica. Un meccanismo di autodifesa che l’uomo attua, dunque, è ciò che Pascal definisce “divertissement”, la continua distrazione per non pensare a sé stesso e alla frustrazione che caratterizza la propria esistenza. In questa condizione di impotenza, l’unico modo per conoscere davvero sé stessi e trovare un senso alla vita è quello di rivolgersi alla religione. Tuttavia, in una Hollywood in cui Dio sembra essere scomparso da tempo, la religione non è un’opzione valida. Cosa fare dunque? Per Bojack, la soluzione è chiara: tornare a distrarsi. Ma, attraverso una serie di eventi e flashback, la serie ci indica che la distrazione non è un’opzione valida. Lo fa attraverso gli esempi di Sarah Lynn e Secretariat: la prima, giovane popstar che anni addietro aveva recitato insieme a Bojack nella sua sitcom e che lo vede come una figura paterna, muore di overdose; il secondo, ex cavallo da corsa, idolo del Bojack bambino, muore suicida a seguito di una vita altrettanto costellata di delusioni e vizi. Il consiglio che Secretariat dà al protagonista durante la sua infanzia descrive appieno la sua filosofia di vita: “non smettere di correre, non guardarti mai alle spalle”.

Arrivato a un punto in cui crede di non avere più nulla, Bojack si rende conto che non ha ancora perso, e mai potrà perdere, la sua libertà. È nel suo colloquio con l’amica Diane al termine della prima stagione che Bojack arriva alla conclusione che non c’è nessun “profondo” nel quale le persone sono buone. Ciò che ci descrive sono le azioni che noi facciamo. Tuttavia, nonostante a primo impatto il nostro protagonista rimanga sconfortato dal realizzare ciò, col tempo comprende di non essere totalmente condannato: la speranza è quella di cambiare. Egli ha la libertà di farlo. È qui che Bojack realizza che è tutto nelle sue mani: essendo completamente responsabile delle azioni, può decidere di diventare un cavallo migliore.
Durante il dialogo fra Bojack e Diane emerge il chiaro riferimento al pensiero del filosofo francese Jean-Paul Sartre. Egli sosteneva, infatti, che ognuno di noi sia condannato ad essere libero. Per il filosofo, l’uomo deve fare assegnamento solo su di sé per decidere della propria condotta: egli è pienamente responsabile di ciò che è e di ciò che diventa. In quest’ottica in cui l’esistenza precede l’essenza, dunque, l’uomo rappresenta la somma dei suoi atti e delle sue scelte. Comunque, a differenza di Sartre, che propone una visione tragica della condizione umana, arrivando al punto in cui tutto appare superfluo e privo di significato, lo show apre a un’ulteriore speranza.

Quando Bojack chiede a Mr. Peanutbutter cosa l’ha aiutato a sopportare il ricovero del fratello, egli risponde che ha trovato conforto nel comprendere che in effetti nulla ha realmente importanza. Il nostro protagonista riceve lo stesso consiglio da Cuddly Whiskers, ex autore di Hollywood ritiratosi a seguito dell’insoddisfazione provata nel mondo del cinema: “Vincere un Oscar non ha senso. Nulla ha senso. Solamente dopo che rinunci a tutto puoi cominciare a trovare un modo per essere felice”.
Nelle parole dei due personaggi menzionati in precedenza si evince un richiamo allo scrittore e filosofo francese Albert Camus e al suo concetto dell’assurdo. Secondo Camus, l’universo è irrazionale e privo di significato, ma gli esseri umani continuano a cercare un senso nella vita: questa contrapposizione dà vita all’assurdo. Una volta realizzato ciò, l’uomo ha avanti a sé tre scelte: suicidarsi, affidarsi a una religione o a un ideale, o abbracciare l’assurdo. Camus indica quest’ultima soluzione come unica ragionevole. Ciò che resta all’uomo di fare, è accettare la vita per ciò che è e continuare a ribellarsi contro di essa. Simbolo di questa lotta è l’eroe greco Sisifo, il cui caso è trattato dal filosofo nel saggio “Il mito di Sisifo”. Camus individua questo personaggio come eroe dell’assurdo in quanto rappresenta la condizione umana di dover lottare continuamente contro il senso di futilità dell’esistenza. Sisifo è infatti condannato dagli dei a spingere ogni giorno un masso fino alla cima di un monte solo per vederlo rotolare nuovamente alla base. Eppure, l’eroe trova un senso alla propria vita proprio in questa continua lotta. Il saggio termina: “Bisogna immaginare Sisifo felice”.

Tornando a Bojack Horseman, nella serie abbiamo chiari esempi di come le tre strade per sfuggire all’assurdo di Camus possano manifestarsi nella vita di tutti i giorni. Secretariat, una volta fatti i conti con l’assurdità della vita, decide di suicidarsi. Per Princess Carolyn, il lavoro è come una religione, al quale dare tutta sé stessa. 

Ma sono Mr. Peanutbutter e Whiskers che riescono veramente a trovare un senso alla vita nella lotta contro l’assurdo. Anche il nostro protagonista, ovviamente, cerca un modo per affrontare l’apparente futilità della vita. Per questo tenta la prima strada immaginata da Camus, quella del suicidio abbandonando lo sterzo della sua auto mentre è alla guida. Sopravvissuto quasi per miracolo, davanti ai suoi occhi si para la risposta al dilemma: una mandria di cavalli selvatici che corre verso l’orizzonte. In loro, Bojack vede l’eroe che Camus ritrova in Sisifo e trova la risposta che cercava da tempo.

Dopo aver esposto i problemi e le soluzioni menzionate in precedenza, la serie descrive il travagliato percorso di Bojack verso il cambiamento e l’accettazione di sé stesso, fatto più di bassi che di alti. Per questo bisogna fare un salto all’ultima stagione della sitcom, momento di grande scombussolamento per il nostro protagonista. Nella prima parte della stagione ci accorgiamo di come Bojack abbia effettivamente fatto progresso. Dopo aver trascorso diversi mesi in un centro di riabilitazione, l’ex attore sembra una persona nuova e inizia una nuova vita. Comunque, nonostante tutto, Bojack non ha realmente fatto i conti con le conseguenze delle sue azioni, ed è a metà della stagione che queste gli si parano davanti. Tentando di difendersi agli occhi del grande pubblico, il cavallo rilascia un’intervista disastrosa che lo porta ad essere odiato da tutti e addirittura a ricevere minacce di morte. Inevitabilmente, ricade nel baratro delle dipendenze, mandando in fumo tutti i progressi fatti fino a quel momento. La situazione precipita definitivamente quando, sotto effetto di stupefacenti, entra nella sua vecchia casa forzando la porta, mettendola a soqquadro e buttandosi in piscina dove finirà per annegare.

Nel penultimo episodio, che si svolge “tra la vita e la morte”, Bojack è in uno stato di incoscienza in cui immagina di essere a cena con tutte le persone importanti per lui ma che sono morte, fra i quali ritroviamo la popstar Sarah Lynn e il cavallo Secretariat. Finita la cena, uno alla volta, i commensali si esibiscono in uno spettacolo che richiama la loro vita e il modo in cui sono morti, al termine del quale si suicidano a uno a uno. Arrivato il suo turno, anche Bojack sembra destinato alla stessa fine. Eppure non muore.
Se la morte di Bojack sarebbe stata una conferma del fatto che egli non può cambiare, la serie ci riporta in un’ottica ottimista. L’ultimo episodio si apre infatti con il cavallo, ormai ripresosi dalla serata precedente, su un letto di ospedale ma ammanettato. Successivamente vedremo Bojack che, diversi mesi dopo, esce dal carcere con un permesso per assistere al matrimonio di Princess Carolyn. Qui ci rendiamo conto di come tutti i personaggi principali della serie abbiano avuto un cambiamento e abbiano cominciato a vivere la propria vita, cosa che fa riflettere il protagonista. Ma è nell’ultimo confronto fra i due protagonisti della serie, Diane e Bojack, che troviamo il finale ottimista della serie.

Mentre guardano le stelle, i due ormai ex amici si parlano probabilmente per l’ultima volta nella loro vita. Bojack chiede scusa a Diane per tutto il male che le ha fatto. Diane dal canto suo gli racconta di essere andata avanti: ha sofferto molto a causa sua, ma è riuscita a fare i conti col suo passato e ad accettarlo nonostante tutte le difficoltà che continua ad affrontare. E anche se a lui sembra impossibile, spera e crede che anche Bojack ci riuscirà. Nonostante il cavallo non sia dello stesso avviso, tanto che commenta: “La vita fa schifo e poi si muore”, alla fine, riesce a trovare speranza nelle parole di Diane, che chiudono perfettamente le sei stagioni della serie in un finale ottimistico:

“Qualche volta. Qualche volta la vita fa schifo, ma continui a vivere”.