Durante uno degli incontri pomeridiani tenutisi all’interno dell’Aula Magna del nostro istituto con il giornalista Giovanni Taranto, è stato proiettato il film E io ti seguo.  Diretto da Maurizio Fiume, E io ti seguo è una pellicola di genere drammatico del 2003, di durata 80 minuti, con Yari Gugliucci nei panni del giornalista napoletano Giancarlo Siani, assassinato il 23 settembre 1985 dalla camorra nei pressi della propria abitazione. Il regista racconta in modo particolarmente realistico la storia di Giancarlo, giovanissimo quanto abile nella scrittura, che ottiene il lavoro dei suoi sogni come “precario”  del quotidiano “Il Mattino”, presso la sede di Castellammare di Stabia.

Sin dal primo fotogramma si rivela chiaro l’intento di Fiume: cercare di fornire allo spettatore quanti più dettagli sulla personalità e sulla serietà del cronista nell’eseguire il proprio lavoro, ma anche sulla vita privata. Ne è esempio la lettura tra una sequenza e l’altra delle lettere inviate a Chiara, sua amica di vecchia data. Incentrando, quindi, la narrazione sulla vita di Giancarlo anziché sulla tesissima atmosfera che si respirava negli anni ’80 a Torre Annunziata a causa delle guerre tra i clan, il regista vuole rendere giustizia alla figura del cronista, analizzando e mettendo in risalto la sua natura “umana” e non quella “eroica” , ormai idolatrata da quarant’anni.

Come è possibile osservare già a partire dalle prime scene ambientate nella redazione,  Siani è sempre intento a ricercare e a raccogliere informazioni nell’archivio della sede per scrivere i propri pezzi. Viene descritto come un ragazzo appassionato e devoto al proprio lavoro, dotato di grande forza di volontà e determinazione che esprime tutte nella stesura dei propri articoli. Il suo smanioso desiderio di conoscere e raccontare la verità, alimentato dall’ombra di mistero che aleggia sui bassifondi della bella cittadina di mare, tuttavia, si rivelerà fatale. 

Il titolo del film è tratto da una frase pronunciata dal magistrato presso cui Siani si reca per ottenere informazioni riguardo la scia di omicidi che la guerra di camorra ha lasciato al proprio seguito. Da quella emblematica battuta traspare appieno l’incoraggiamento da parte delle istituzioni nei confronti di Giancarlo a proseguire il suo lavoro di ricerca sulla degradata realtà della camorra torrese. A determinare, infine, la sua morte, secondo la verità giudiziaria velatamente esposta nel film, sarà infatti l’articolo in cui Siani scrive dell’arresto del boss di Torre Annunziata, Valentino Gionta. Avendo ricevuto una soffiata da una fonte, egli racconta del possibile coinvolgimento della famiglia camorrista dei Nuvoletta presso la quale il boss latitante era rifugiato e ciò comporterà conseguenze irreparabili. Dunque, i mandanti dell’omicidio del giornalista sarebbero stati gli stessi membri della “Nuova famiglia”, che, per evitare l’umiliazione all’interno dell’ambiente mafioso, preferirono sacrificarlo come capro espiatorio.