“Mia figlia trattata come un animale in Ungheria”, queste le parole di Roberto Salis in un’intervista rilasciata al Corriere della sera.

Ilaria Salis, insegnante di Monza di 39 anni, è stata arrestata a Budapest nei primi mesi del 2023, in quanto accusata di partecipazione in associazione criminale e di gravi lesioni ai danni di due esponenti neonazisti. Questa potrebbe, apparentemente, sembrare una notizia come tante altre: la condanna di un’attivista antifascista che, durante una manifestazione di protesta, si fa prendere  la mano, superando i limiti del concesso. Ma è proprio così?

Per capire meglio, si deve partire dall’inizio, da dove tutto è cominciato, ma, soprattutto, è necessario conoscere un po’ meglio questa donna, che si è vista sottrarre la propria libertà da più di un anno.

Insegnante di scuola elementare, Ilaria Salis ha sempre messo, fin dal liceo, l’impegno sociale e politico fra le sue priorità. Dopo aver conseguito, col massimo dei voti, la laurea in Storia alla Statale di Milano, ha deciso di partecipare attivamente alla storia stessa. Antifascista, ma non anarchica, ha partecipato alla fondazione del centro sociale Boccaccio a Monza, sorto lì dove furono uccisi tre partigiani. Sensibile alle ingiustizie e paladina dei più fragili, così come la descrivono le amiche, ha preso parte, come attivista, a numerose manifestazioni. E’ stata proprio la sua spiccata necessità di esserci, che l’ha spinta nei primi mesi del 2023 in Ungheria, e precisamente a Budapest, per protestare contro il “Giorno dell’onore”, una celebrazione simbolica, non riconosciuta dal punto di vista istituzionale, ma festeggiata ogni anno. Durante la settimana dell’11 febbraio, militanti di movimenti di estrema destra, nazisti e neofascisti si riuniscono per dichiarare, alla luce del sole, la loro ideologia estremista con slogan, proteste e commemorazioni in onore di tutti quei soldati che, durante la seconda guerra mondiale, qui caddero sotto i colpi dell’Armata Rossa, per aver obbedito all’ordine di Hitler che aveva ordinato loro di non arrendersi. La “Giornata dell’onore” per Ilaria Salis e per tutti gli antifascisti europei rappresenta, senza ombra di dubbio,  un disonore che va manifestato.

Durante l’evento, però, così come attestato dai filmati di alcune telecamere di sicurezza, diversi neonazisti sono stati aggrediti da un gruppo di persone dal viso coperto,  ritenute appartenenti agli Hammerbande, associazione a delinquere tedesca avversa a tutte le ideologie fasciste e neonaziste. A questo assalto, secondo le autorità ungheresi  avrebbe preso parte anche la nostra concittadina. Sulla base di ciò, alcune ore  dopo gli scontri, la donna viene fermata e sottoposta a misure cautelari e a processo.

Da subito Ilaria Salis è stata trattata come una terrorista internazionale pericolosa, pur non essendo stata colta in flagranza di reato. Rinchiusa in un carcere di massima sicurezza e sorvegliata a vista, per i primi otto giorni, come riportato dallo stesso padre, “è stata torturata gravissimamente, a prescindere dalla sua colpevolezza”. Dal mese di febbraio fino al mese di settembre del 2023, neanche i genitori avevano idea di cosa stesse capitando alla loro figlia. Infatti, per tutto questo tempo, è stato impedito ad Ilaria di avere contatti sia con la sua famiglia che con le autorità italiane: solo gli avvocati ungheresi potevano interagire con l’imputata sporadicamente. È stato necessario, inoltre, aspettare quasi un anno per la prima udienza: il processo, infatti, ha avuto inizio il 29 gennaio 2024.

Ciò che ha dato vita al “caso Salis”, sono le modalità di partecipazione all’udienza della donna. Le immagini dell’italiana portata in aula in catene, con le manette ai polsi e i piedi legati da ceppi di cuoio con lucchetti, mentre una carceriera la trascinava per una catena, hanno fatto il giro del mondo e acceso i riflettori su condizioni carcerarie che violano il rispetto dei diritti umani e che destano scalpore.

L’Ungheria più volte si è trovata sotto i riflettori  per pratiche non rispettose dei diritti umani, tanto che gli stessi organi dell’UE hanno accusato questo paese di essere incapace di uniformarsi alle sentenze stabilite dalla Corte Europea  e di adottare pratiche inumane rispetto ai propri detenuti. Come descritto in un memoriale  della stessa Ilaria, per il primo mese la donna è stata trattata come un animale: costretta ad indossare indumenti maleodoranti per 35 giorni, senza la possibilità di cambiare neanche la biancheria intima. Non le è stato consegnato il necessario per lavarsi, né assorbenti, né carta igienica. E’ stata costretta a dormire su materassi pieni di cimici, a vivere in celle piene di scarafaggi e a subire tanto altro ancora. Anche gli avvocati italiani della Salis hanno denunciano una serie di abusi da parte delle autorità ungheresi commessi nei loro confronti, dal momento che, nonostante siano stati deputati alla difesa legale della donna, non hanno avuto la possibilità di visionare né  le registrazioni delle telecamere, né gli atti. Questi, oltretutto, non sono stati tradotti né in italiano, né tantomeno in inglese, e questo impedirebbe la possibilità di portare avanti un processo equo. Diverse sono le lettere che Roberto Salis, padre della detenuta, che rischia una pena di ventiquattro anni, ha inviato alla premier Meloni e al Governo italiano, affinchè intervenissero per ottenere la concessione di misure cautelari da scontare in Italia, ma le risposte stentano ad arrivare. Il padre di Ilaria combatte da solo e questo nell’opinione pubblica, che si è unita per sostenere l’insegnante,  genera tante domande: come può un cittadino italiano accettare il fatto che, trovandosi in una situazione del genere, venga lasciato solo senza poter contare sul deciso sostegno del proprio governo? E inoltre, questo silenzio da parte delle istituzioni italiane può dipendere dallo schieramento politico della Salis, in netto contrasto con le idee politiche del governo attuale?

Le ultime dichiarazioni del ministro degli esteri ungherese Szijjartò, che “auspica una condanna esemplare per la Salis”, non promette nulla di buono. Questa sua affermazione è una palese dimostrazione che quello contro la Salis è un chiaro processo politico ed è una netta dimostrazione che in Ungheria il governo manipola il potere giudiziario, in barba alle norme europee.

Secondo il rappresentante di Orban, l’Italia, intervenendo, “interferirebbe con la giustizia ungherese”; ma può l’Italia girare la testa dall’altra parte? Se così fosse, tutte le atrocità e le ingiustizie a cui gli occhi umani hanno assistito durante la Seconda Guerra Mondiale non avrebbero insegnato all’uomo NULLA!

Si resta in attesa, pertanto, di una risposta e di un impegno immediati da parte di chi deve intervenire nella difesa di una nostra connazionale.

Paola Lanzetta, IVA musicale