Il 22 marzo, a Mosca, si è consumato un terribile attentato terroristico, uno dei peggiori della storia. Quattro terroristi irrompono nel Crocus City Hall, uno dei centri commerciali più grandi della capitale. In quel momento vi sono al suo interno migliaia di persone, molte delle quali concentrate nella sala da concerto che ne può contenere fino a 6200 spettatori. Mentre queste erano in attesa dell’inizio della serata, i terroristi cominciano un’orribile mattanza a colpi d’arma da fuoco e non solo, dimostrando freddezza, crudeltà ed esperienza. La folla cerca disordinatamente di scappare, mentre gli stessi uomini appiccano un incendio sul tetto, che è in parte crollato  causando ulteriori vittime. L’attentato è stato rivendicato dopo poche ore dall’ ISIS.

Secondo recenti dati, le persone private della vita sarebbero state 137, mentre quelle ferite 145. Dopo l’atto efferato i terroristi avrebbero tentato la fuga, conclusasi nel giro di mezza giornata. Le autorità russe infatti, nella giornata di sabato, hanno diffuso dei video che mostravano l’arresto di alcuni uomini che, a detta loro, si stavano dirigendo verso il confine ucraino. Questo è un aspetto fondamentale della vicenda, dato che il caso è stato da subito strumentalizzato dalle parti in causa e non.  L’ FSB, i servizi segreti russi, hanno dopo poco dichiarato che il mandante dell’attacco sarebbe stato il governo ucraino. È stato naturale puntare il dito contro la nazione invasa due anni or sono e che, da allora, è il capro espiatorio perfetto per il Cremlino. D’altronde gli ucraini hanno commesso diverse volte attacchi diretti alla Russia, in risposta a ciò che sta accadendo nel loro territorio. Ma questa ipotesi è ritenuta da molti improbabile. Gli ucraini, se fossero stati disposti a fare ciò, avrebbero potuto farlo in altre occasioni, come le celebrazioni del decimo anniversario dall’annessione russa della Crimea, avvenute solo due giorni prima dei fatti del Crocus City Hall. Insomma, non si capiscono le eventuali ragioni di un attacco da parte di Kiev. Inoltre le modalità del crimine, secondo molti analisti, sembrano riconducibili maggiormente al terrorismo islamico, che cerca di colpire tutti, indiscriminatamente. Difatti l’ISIS è notoriamente ostile alla Russia per molte ragioni: l’occupazione russa dell’Afghanistan negli anni ’80, le guerre cecene degli anni ’90 e ‘2000, l’alleanza con il dittatore siriano Assad che, tra il 2017 e il 2018, riuscì a sconfiggere gran parte dello Stato islamico proprio grazie all’aiuto russo. Dopo quest’ultimo evento, molti militanti dell’ISIS di origine cecena (regione russa a maggioranza musulmana che per anni ha provato a staccarsi da Mosca), tornarono in patria, formando numerose cellule terroristiche. Insomma la presenza consistente di terroristi nello stato russo è cosa assodata. Inoltre, all’inizio del mese, i servizi segreti americani e inglesi avevano allertato il Cremlino di possibili attacchi e avevano intimato ai loro cittadini residenti in Russia di evitare grandi eventi, tra cui concerti. Si era intuito che qualcosa potesse accadere. Vladimir Putin aveva ignorato gli allarmi, dicendo  che erano solo un tentativo di “intimidire e destabilizzare la nostra società”. Del resto la diffidenza tra i due blocchi non è mai stata così alta, in uno scenario dove le tensioni si vanno ad accrescere sempre più.

Al netto di tutto, ci sono aspetti della vicenda particolarmente fumosi, aspetti a noi ignoti che riducono la nostra possibilità d’analisi e di ricerca della verità. Provare a orientarsi nel vortice delle squallide manovre di governi ed organizzazioni per perseguire le loro politiche è cosa ardua e si rischia di perdersi nella palude di una situazione enormemente complessa e di tornarne più sconfortati di prima. Ciò che si prova è un senso di scoraggiamento, di profonda ingiustizia, di dolore nel vivere in un mondo in cui queste nefandezze sono compiute quotidianamente, portate avanti dalla malvagità e da una vorace, perenne, fame di potere.

Simone Miccio 2a classico