Chi ha detto chiacchiere?
Bugie, cenci, frappe, galani o cròstoli: i dolci tipici di Carnevale cambiano nome a seconda della regione d’Italia in cui si mangiano, ma conoscete la loro storia?
Sottili o un po’ più corpose, le chiacchiere di Carnevale devono avere le bolle, segno che sono state fatte a regola d’arte. Un tempo le chiacchiere di Carnevale venivano fritte nello strutto, oggi nell’olio di semi. Per gli attenti alla linea c’è sempre l’opzione della cottura al forno, ma, come si sa, il fritto rende tutto più buono. Quindi che siate golosoni o salutari, che le chiamiate chiacchiere o bugie, frappe, sfrappole o cioffe, ce n’è per tutti!
La loro storia è molto antica, infatti, le prime testimonianze di dolci simili alle chiacchiere si hanno già durante l’Antica Roma. Fonti dicono che durante i Saturnali (una festa romana simile al nostro Carnevale) venivano preparate le frictili: dolci fritti nel grasso di maiale, distribuiti alla folla fra le strade della città. Marco Gavio Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, descrive, nel primo secolo d.C., la preparazione delle chiacchiere nel suo “De re coquinaria” come delle frittelle a base di uova e farina di farro, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele. Abitudinariamente si preparavano le frictilia in grande quantità, per la semplicità della ricetta e per il basso costo dei suoi ingredienti, affinché si potessero conservare e gustare anche nelle settimane successive.
Un’altra leggenda tutta partenopea, risale ai tempi della regina Savoia la quale, avendo intenzione di intrattenersi con i suoi ospiti, chiese al pasticciere di corte, Raffaele Esposito, un dolce che potesse allietare e accompagnare le loro “chiacchiere”. Proprio da qui nasce il nome dei dolci proposti alla regina.
Come già detto prima, le chiacchiere prendono un nome diverso in ogni regione italiana che visitiamo, nonostante la ricetta resti la stessa. Tant’è che i laziali e gli umbri le chiamano “frappe” dalla forma più attorcigliata e con un rossissimo alchemers con il quale sono condite assieme al miele. I veneti ed i friulani decidono di chiamarle “cròstoli“ con aggiunta della grappa ed una frittura con lo strutto, a differenza dei veneziani e dei veronesi che in genere usano il vino bianco o il rosolio, e lo zucchero semolato invece di quello a velo. I piemontesi le chiamano “bugie”, a forma di rombo ripiene di marmellata o cioccolato. A Bologna ci sono le “sfrappole” e come liquore preferiscono quello all’anice o il rum, invece nei “cenci” toscani compare il vinsanto. Tutte da gustare anche le “cioffe” abruzzesi e molisane, arricchite da scorza di limone con Marsala o vino bianco. Al Sud, come liquori, possono figurare tanto il limoncello quanto il cognac. A Mantova le chiacchiere si chiamano “lattughe”, con Marsala e limone e sono più piccole; così come gli “intrigoni” di Reggio Emilia, con scorze di limone, d’arancio, sassolino o anisetta. Per finire con i “fiocchetti” riminesi e le “maraviglias” sarde.
E parlando di chiacchiere, non possiamo non citare il famoso “sanguinaccio”. Esso veniva preparato a gennaio, precisamente il 17, giorno della festività di Sant’Antonio Abate. Dobbiamo dire che con il Santo c’entra ben poco, più che altro c’è una coincidenza di date e a tal proposito, con il passare del tempo e quindi della tradizione, si è lasciata l’immagine del Santo con il maiale. Infatti, proprio in questo giorno finiva il rituale di macellazione, quindi si raccoglieva il sangue, per trarne una crema con cacao, zucchero, farina, vino cotto, cioccolato fondente, grasso di maiale, cedro candito, cannella, chiodi di garofano, uvetta e noci. Inizialmente aveva uno scopo medico, in quanto veniva usato per colmare la mancanza di ferro, in seguito è diventato uno dei simboli della gastronomia napoletana. Questa resta una ricetta di recupero che i contadini hanno creato, perché, come si sa, del maiale non si butta via niente! Veniva mescolato in continuazione, per evitarne la coagulazione, per poi essere aggiunto alla crema di cacao cotta nei grandi pentoloni di rame, tipici di una volta. Al giorno d’oggi si prepara, ma la crema è priva di sangue, infatti esso è stato bandito dalla cucina in tutta Italia dopo la legge del 1992, in quanto è un veicolo di malattie, per scongiurare il rischio di infezioni.
In generale le chiacchiere si possono consumare con tutti i tipi di creme che si preferiscono: partendo dalle confetture e marmellate, passando per la cioccolata fondente, a latte o bianca, miele, ma anche creme come quella chantilly o quella pasticcera. Insomma mangiando le chiacchiere potete dare libero sfogo alla vostra golosa fantasia ma mi raccomando: non pensate troppo alle calorie!
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