TRA DENARO, SFIDE E MISSIONI: ALLA SCOPERTA DEL RECOVERY PLAN ITALIANO
Per ripristinare le economie dell’Unione europea dopo la pandemia, nel luglio dello scorso anno, l’UE ha approvato il programma di Emergenza Next Generation EU (NGEU), noto come Recovery Fund, un fondo dedicato per finanziare la ripresa economica negli anni a venire, con emissioni obbligazionarie europee che saranno utilizzate per sostenere riforme strutturali e progetti stabiliti nell’ambito dei piani di riforma e investimento (Recovery Plan) in ciascuno dei 27 Stati membri dell’UE. In totale, l’importo programmato è di 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi a fondo perduto e 360 miliardi in prestiti, suddivisi in base alle diverse esigenze degli Stati membri più colpiti dal coronavirus. L’Italia è tra i principali beneficiari del NGEU, per cui da loro dipenderà in larga misura la sentenza sul fondo di risoluzione, e da qui la possibilità che diventi uno strumento permanente.
Per utilizzare i fondi, gli Stati membri devono presentare un “Piano di Recupero” alla Commissione europea prima dell’aprile 2021, con la possibilità di discuterne entro giugno dello stesso anno. Le condizioni da rispettare sono state determinate in sede di approvazione del piano, ed in sostanza la procedura stessa è la condizione da rispettare. Se gli impegni nel piano di attuazione non vengono rispettati, la distribuzione dei fondi può essere sospesa o congelata. L’Italia ha diritto a 83 miliardi in sovvenzioni e 127 miliardi in prestiti, ma in realtà le risorse totali disponibili sono più alte. Le sovvenzioni vengono distribuite principalmente dal 2021 al 2023, e si prevede che i prestiti vengano emessi entro il 2026. Questo sarà uno sforzo enorme e prolungato per gli Stati membri e gli organi decisionali del Comitato.
La sera tra il 12-13 dicembre 2020, il Consiglio dei Ministri del Governo ha approvato il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR), il Recovery Plan Italiano. L’obiettivo finale del piano è di investire 223 miliardi di euro. Rispetto al progetto originale, la sua capacità di spesa è ulteriormente migliorata: il progetto menzionava solo 196 miliardi di Recovery Fund, ai quali sono stati aggiunti i fondi di coesione e sviluppo e 13 miliardi di euro del ReactEU, per un importo totale di 223 miliardi. Ai fondi PNRR sono integrati altri 7 miliardi di euro di fondi strutturali e successivi 80 di risorse pianificate previste per il periodo 2021-26, per un totale di 310 miliardi. Un ambizioso piano di ripresa, il più grande piano di spesa della storia moderna italiana, che metterà a dura prova la capacità dell’Italia di fare pieno uso dei fondi strutturali.
Il PNRR identifica quattro sfide principali e identifica 6 missioni che raggruppano 16 componenti funzionali per raggiungere gli obiettivi economici e sociali stabiliti nella strategia del governo. Per ciascuna missione vengono individuate e concordate con la Commissione le riforme necessarie per attuare i progetti in modo più efficace.
Le quattro sfide sono:
– migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell’Italia;
– ridurre l’impatto economico e sociale della crisi pandemica;
– sostenere la transizione verde e digitale;
– innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione.
Le sei missioni, che a loro volta raggruppano i 16 componenti, sono:
– digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura, a cui sono adibiti 46 miliardi;
– rivoluzione verde e transizione ecologica, che prevede una spesa di 69,9 miliardi;
– infrastrutture per una mobilità sostenibile, a cui sono destinati 32 miliardi;
– istruzione e ricerca, a cui sono dedicati 28,5 miliardi;
– inclusione e coesione, a cui sono riservati 27,26 miliardi;
– salute, a cui sono assegnati 19,72 miliardi.
L’INIZIO DI UN OSTICO PERCORSO
Nonostante le promesse fatte, l’attuale PNRR non può soddisfare i requisiti della Commissione europea. Nelle linee guida per la stesura del piano di ripresa, Bruxelles ha chiesto di indicare progetti specifici, modalità di attuazione, tempistiche e stime tecniche. Non c’è quasi nessun contenuto di questo tipo in questo documento e il piano deve essere reso così com’è, ossia il punto di partenza di un processo di revisione e approvazione molto lungo e impegnativo. Questa sopra è essenzialmente una bozza che indica capitoli e obiettivi di spesa ambiziosi e moralmente indiscussi, ma che non tiene conto dei meriti del meccanismo di attuazione del piano e di valutazione dei risultati.
Inoltre, la governance pianificata non è specificata nel PNRR, che è la carenza più evidente. Palazzo Chigi ha annunciato quindi che avrebbe presentato in Parlamento proposte di governance, ma sarà difficile andare avanti fin quando questo punto non sarà chiarito. La Commissione ha bisogno di interlocutori precisi per sapere cosa si farà, come, dove, quando e perché. Servono inoltre tempistica, previsioni macroeconomiche, dettagli sui metodi di lavoro e tutto il necessario per la valutazione prima, durante e dopo la fase di implementazione.
Pertanto, il lavoro non è stato ancora completato. Nei prossimi mesi la Commissione dovrà valutare 27 Recovery Plan nazionali, e anche se per molti paesi il minore importo e la comprovata capacità di gestire i fondi strutturali dovrebbero consentire una rapida approvazione, rimarrà comunque una responsabilità impegnativa per Bruxelles.
Per quanto riguarda poi l’Italia, vista la quantità di denaro coinvolta e lo scarso rendimento dell’utilizzo dei fondi strutturati in passato, la discussione sarà sicuramente la più complicata.
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