Il viaggio di Dante nell’oltretomba attraverso i tre regni della punizione eterna, dell’espiazione e del trionfo divino, è allegoria del processo spirituale del poeta che, attraverso la consapevolezza del peccato, il pentimento e la penitenza, giunge alla redenzione della fede. La poesia della prima cantica, l’Inferno, è violentemente drammatica, pervasa da un’atmosfera di dolore oppressivo, senza speranza. Dante descrive, infatti, come nell’aere cupo riecheggino i lamenti e le grida dei dannati, lo strazio dei tormenti, il ricordo dei peccati commessi, delle passioni terrene vive ancora di compiacimento. L’Inferno è una grande tragedia, l’incomparabile dramma di un’anima che rivive le tappe del proprio vivere mondano e continua ad amarle nonostante sappia che sono motivo di eterna rovina. Il segreto della prima cantica sta in questa forte contraddizione tra la consapevolezza del peccato e l’attaccamento alle cose e alle passioni terrene che rende così difficile a Dante la salita verso il Purgatorio. Per il suo linguaggio, l’Inferno è ritenuto superiore alle successive cantiche. Attraverso le parole del poeta non solo comprendiamo il dolore dei dannati e ci immedesimiamo in loro, ma veniamo presi per mano da Dante stesso per prendere consapevolezza di ciò che è concreto e terreno e di ciò che non lo è. Dante in maniera spietata ci mostra tutte le nostre passioni portate all’estremo, staccandoci lentamente dal nostro mondo quotidiano. La sua poesia è forte, aspra. È la poesia di un fiorentino scacciato dalla patria per motivi politici, è la poesia di un uomo di parte, peccatore come noi che cerca di salvarsi e salvarci.