Nel canto I del Purgatorio, Dante e Virgilio sono emersi dall’abisso infernale e improvvisamente appare loro un uomo dall’aspetto fiero e nobile: è Catone l’Uticense, il personaggio politico dell’antica Roma, che chiede ai due pellegrini chi siano e come siano sfuggiti all’Inferno. Catone consente loro di entrare nel Purgatorio, motivando il suo assenso con la sola necessità del volere celeste. Catone è scelto come custode del Purgatorio proprio perché in vita fu un uomo di inflessibile rigore morale, molto legato ai valori della libertà repubblicana. Egli vedeva in Cesare un pericolo per la repubblica romana e si schierò dunque con i pompeiani. Catone, che era a capo del presidio di Utica, una volta che Pompeo fu sconfitto in Africa, preferì uccidersi, piuttosto che cadere nelle mani dei seguaci di Cesare. L’episodio dell’Uticense permette a Dante di dichiarare esplicitamente la ragione del suo viaggio, ossia la ricerca della libertà. La sua storia esemplare di adesione al valore della libertà lo pone adeguatamente sulla soglia del regno in cui le anime che a essa aspirano si purificano. Anche il suo suicidio resta moralmente giusto, poiché Catone ha obbedito a una legge superiore di libertà; perciò il suo gesto è degno di essere esaltato come segno di virtù e di coerenza.