Come si è visto nel primo canto dell’Inferno, i pericoli morali che Dante si trova ad affrontare sono la lussuria, la superbia e l’avarizia.  Questi tre peccati sono i momenti chiave dell’esperienza infernale di Dante che si rispecchia nei personaggi che si sono macchiati di questi peccati e ha per loro un particolare trasporto.  Il primo è quello della lussuria, che viene trattato nel V canto dell’Inferno: canto dedicato alla vicenda di Paolo e Francesca. L’immagine dominante è quella della bufera infernale, che trascina le anime dei lussuriosi: essa è un esempio della tecnica del contrappasso, dove il peccato di cui si macchiano gli esseri umani in vita viene ripetuto nelle pene dell’Aldilà in forma iperbolica o rovesciata. Paolo e Francesca sono morti insieme uccisi da Gianciotto, fratello di Paolo e marito di Francesca. Quest’ultima parla in prima persona raccontando a Dante la vicenda erotica che l’ha coinvolta con l’amato Paolo: riassume in sè il pensiero medioevale il quale imponeva che un sentimento d’amore rivolto da una persona “gentile” non potesse non essere ricambiato. Il peccato d’amore prende qui origine dalla lettura del romanzo di Lancillotto con Virgilio (“galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante”). Mentre nel primo canto la letteratura aveva salvato Dante dal peccato, in questo caso essa è la causa della rovina dei due amanti.

Il personaggio di Francesca parla in prima persona e indica un personaggio muto, il suo amante. Paolo, infatti, non parlerà mai.