E’ da poco andato in onda su Rai Uno il remake di “Sabato, Domenica e Lunedì”, celebre commedia di Eduardo De Filippo di cui, nel 1990, era già stata realizzata una trasposizione cinematografica con Sophia Loren e Luca De Filippo. E’ il noto attore Sergio Castellitto, con la regia di Edoardo De Angelis, che si ripresenta, dopo aver proposto l’anno scorso “Natale in casa Cupiello”, altro capolavoro della commedia eduardiana che porta in scena una crisi coniugale alimentata dal sospetto di un tradimento.

Ma in vista del Natale, sarà stato un bel dono il loro? Dispiace dirlo ma, secondo il mio modesto parere, questo film non funziona proprio. Per meglio spiegare le motivazioni di questa mia affermazione mi soffermerò su diversi aspetti.

Innanzitutto troviamo una recitazione enfatizzata ai confini dell’assurdo, estremamente forzata. Nell’originale, i coniugi Priore erano una coppia fatta di dubbi e insofferenze taciute, in cui si evitava ogni tipo di scenata e ci si sbilanciava solo quando i limiti erano stati superati, in battibecchi dai toni leggermente più alti del normale, ma di breve durata: per il quieto vivere si preferiva non esagerare troppo e far sbollire gli animi. Qui, invece, Rosa e Peppino urlano appena possono, sbattono le mani sui mobili, scoppiano in esplosioni di pathos esagerate e fuori luogo. Non c’è nessun tentativo di mascherare, nessun orgoglio da porre come muro di difesa, niente: la loro pare una lotta esplicita e continua in cui ogni scusa è buona per urlare. L’interpretazione di Castellitto è troppo caricata e mostra un uomo iracondo e assai distante da quella che era l’idea originale di De Filippo.

La cosa peggiore, però, è che anche gli altri personaggi sono caratterizzati da quest’emotività esasperata, a causa della quale si è sacrificata una buona interpretazione.  Infatti, il difetto che più si avverte è il fatto che la recitazione non suscita alcuna emozione nello spettatore. Il teatro di De Filippo è, infatti, fatto di frasi che lette in un certo modo assumono un particolare significato. Alcune parole vanno caricate di più rispetto ad altre, perché il tono conferisce quel significato profondo e nascosto che il pubblico può cogliere anche se non è espresso direttamente. Qui invece tutto viene detto urlando, in maniera rapida  e priva di enfasi, senza comunicare niente al pubblico. Cosa ancora più importante sono le pause, la cui totale assenza è stata dannosa. Il silenzio è necessario per caricare di pathos l’atmosfera, per far risuonare ancora meglio le frasi pronunciate poco prima, per parlare non solo con la voce ma anche con lo sguardo, col corpo. La spontaneità, tipica di Eduardo, qui è totalmente assente.  L’ingiustizia peggiore è nei confronti della famosa scena della gelosia, lo step chiave di tutta la storia. Nell’originale era un crescendo di rabbia, dolore e confessioni che trovavano la loro completa affermazione nello sfogo di Rosa, mentre qui tutto questo viene anticipato da Peppino che urla rabbioso fino a sentirsi male, cosa non prevista assolutamente: a sentirsi male doveva essere la moglie, non lui.  Oltretutto, le continue discussioni  precedenti vanificano questa scena che  risulta essere solo l’ennesimo litigio assurdo e non l’effettiva esplosione di tutti quei sentimenti che si era tentato di dominare.

Per non parlare poi delle imbarazzanti scene comiche, in cui si vorrebbe strappare un sorriso allo spettatore, tentando di ottenere lo stesso risultato di De Filippo, che riusciva a creare situazioni allo stesso tempo tese e ironiche. Questo perché, come nella realtà di tutti i giorni, un litigio fra due persone può anche destare riso in chi assiste e si rende conto dell’assurdità delle motivazioni della lite, mentre coloro che sono coinvolti in prima persona sentono la pesantezza della situazione perché presi dai sentimenti che li accendono. Ma nella commedia originale questi aspetti erano uniti e non separati: mentre si poteva ridere per una frase o un’azione proveniente da un personaggio, si poteva anche percepire la piega che stava prendendo la situazione fra i due coniugi. Per questo motivo l’introduzione del personaggio del fratello della cameriera o “l’inseguimento” con la pistola sono espedienti insensati che, in quanto tali, hanno ottenuto un risultato scarso, se non nullo.

Altra cosa che fa decisamente storcere il naso è il fatto che, in una commedia in cui vi erano un cospicuo numero di figure maschili, la situazione si sia ribaltata presentandoci un cast quasi completamente al femminile.  I due figli maschi e il nonno sono stati, infatti, sostituiti dalle loro controparti femminili, attuando un cambiamento azzardato e inculcando un velato messaggio femminista che qui risulta stridente. Prendiamo la figura di Rocco: riesce ad aprirsi una bottega tutta sua, è autonomo, sta più fuori che in casa, porta Federico a pranzo per farlo riappacificare con sua sorella Giulia, dice frasi irrispettose verso suo padre … insomma, tutte cose che una donna degli anni ’50, periodo in cui il film è stato ambientato, non poteva certo fare. Ma se questo è poco verosimile lo è ancor di più l’ingiustificata presenza di un cammello nella terrazza dei Priore.

Insomma, questo film delude, presentandosi con la pretesa di poter modificare quasi tutto con il pretesto che una trasposizione cinematografica non deve essere la copia dell’originale. Tale affermazione è condivisibile, tant’è che lo stesso film con Sophia Loren non era identico alla commedia, ma è vero anche che non bisogna distaccarsi completamente dalla fonte e inserire elementi del tutto inutili.  Pensiamo un attimo al recente film “Il Sindaco del Rione Sanità”. Anche quello è molto diverso dell’originale, con un grande azzardo, eppure il risultato è stato differente. Questo perché la recitazione, l’attualizzazione e la modifica erano perfettamente bilanciate. Nel film di De Angelis, invece, tutto è estremizzato, portato ai limiti, rovesciato, ripetitivo e statico.  Mancano la spontaneità, la rappresentazione veritiera delle situazioni e delle emozioni e soprattutto la capacità di generare, tramite l’interpretazione dei personaggi, una reazione. Ciò che si prova guardando questo film è un continuo chiedersi :” Ma perché lo hanno fatto così?”.  L’aspetto finale, e ancor più grave, è che chi non conosce l’opera originale finisce per non comprendere il motivo di tali esplosioni di rabbia e si fa un’idea completamente sbagliata di questa commedia, sottovalutandola.