Il 22 dicembre 2018 il nostro liceo ha ospitato alcuni esponenti dell’associazione Libera: Giovanni Taranto, don Ciro Cozzino e Beatrice Federico per  un coinvolgente dibattito con noi ragazzi sul fenomeno del racket, sul rapporto giovani-camorra e cittadino-camorra.

Di rilevante importanza è stato anche l’intervento di Valentino Voice, altro ospite, che ha evidenziato quanto la nostra città sia cambiata negli ultimi decenni.

Noi ragazzi de “Lo Strappo” abbiamo colto l’occasione per porre alcune domande.

A Giovanni Taranto. Sappiamo che esiste un fenomeno che coinvolge molte persone nel nostro territorio: il racket. Può spiegarci di cosa si tratta?

Il racket per noi probabilmente è solo una parola ma invece è qualcosa di molto radicato nelle nostre zone ed è sempre esistito. Il racket opera imponendo la così detta “protezione” a commercianti o imprenditori. Ciò significa quindi che un’impresa a un’organizzazione criminale  strutturata deve cedere periodicamente una parte del suo fatturato. Ciò significa che la criminalità organizzata si è costituita come un vero e proprio antistato: impone delle proprie tasse, impone il controllo del proprio territorio e vuole anche il controllo delle nostre vite.

Secondo lei quale sarebbe il modo migliore per contrastare o eventualmente eliminare il racket?

Eliminare questo fenomeno è possibile e noi tutti possiamo fare la nostra parte. Se noi compriamo in un negozio che deve pagare il pizzo automaticamente lo paghiamo noi, facciamo sì che questo fenomeno continui e sia una fonte prosperosa di guadagno per la criminalità organizzata. Dunque per non contribuire a rafforzare la camorra potremmo scegliere di comprare in negozi che non dipendono da associazioni illegali. Purtroppo le imprese e i negozi obbligati a pagare il pizzo non vengono riconosciuti dai clienti, i quali ingenuamente, dunque, alimentano il fenomeno del racket. Fortunatamente qualcosa si sta muovendo e concretizzando: verranno forniti, alle attività aliene al fenomeno, adesivi che affermeranno la loro completa libertà.

Dunque cosa potrebbe fare ogni singolo cittadino nella lotta contro la camorra?

Come direbbe Giancarlo Siani, “ogni cittadino deve fare la propria parte”. Qual è ora la “vostra parte”? La vostra parte in questo momento è quella di diventare degli adulti  che domani facciano il proprio dovere civico, ovvero se c’è qualcosa che non va bisogna sollecitare, se non agire in prima persona, al fine di aggiustarla. Dal segnale stradale storto, al denunciare qualcosa che non va. Inoltre ogni cittadino deve imparare anche ad assumersi tutte le proprie responsabilità e non solo quelle che gli convengono.

Dopo Antonio Taranto, la parola è stata data a Beatrice Federico, che ha perso il marito ucciso dalla camorra. Purtroppo Beatrice non ha risposto ad alcuna domanda ma ha raccontato la sua storia o, meglio, la storia del marito dandogli voce, una voce che la camorra pensava di spezzare ma che, invece, ha soltanto amplificato.

Qui riportate sono le sue parole: “Mio marito è morto ammazzato poiché non voleva pagare il pizzo. Mio marito ha detto ‘No’, il ‘No’ positivo, quello che ti libera e che non ti porta a soccombere a certi dogmi che la società ha creato nel mondo. La camorra, dovete sapere, è stata parte integrante della società, era un nome innominabile. E questa parte nera della comunità ha ucciso mio marito per intimorire una popolazione che si stava per ribellare.La morte però non è fisica, ma avviene quando non si lascia traccia di ciò che si è stato e Raffaele, il mio Raffaele, la traccia l’ha lasciata. In quel periodo non aveva alleanze giuste. Perché ogni battaglia si vince insieme. Se mio marito non fosse stato solo, a quest’ora avrebbe ancora più persone intorno a combattere lo stesso mostro nero che lo ha ucciso e che continua a soffocare centinaia  di vite. La camorra non si combatte per forza con gesti eroici, ma la si combatte ogni giorno vivendo legalmente e stando uniti.”

Di rilevante importanza è stato anche il costruttivo intervento di Valentino Voice il quale, oltre a spiegare quanto Torre Annunziata abbia fatto progressi e sia socialmente migliorata diventando un posto vivibile anche dai più giovani, ha lasciato il segno in ogni ragazzo parlando  in modo molto chiaro di fenomeni che coinvolgono molti di noi in prima persona: droghe, alcol, violenza.

Quella che segue è l’ intervista che gli abbiamo fatto.

Come lei ha detto, Torre è indubbiamente cambiata negli ultimi anni, ma quali cambiamenti si possono vedere concretamente?

Quando io avevo la vostra età, a Torre non uscivo poiché non c’era nulla, c’erano i motorini che vendevano la droga. Oggi troviamo un afflusso di gente per strada che va a fare shopping, che raggiunge i locali, va in palestra; mentre nel 1998-99, io avevo appena preso la patente, non si poteva camminare. Se si raggiungeva il centro storico, si trovata traffico e folla poiché veniva gente da tutta la Campania per comprare la cocaina. Penso che ci sia parecchia differenza anche da un punto di vista sociale. Le persone che oggi frequentano Torre sono tutti ragazzi come voi, magari più grandi che studiano ed escono per divertirsi e stare con gli amici. L’apertura di nuovi locali, negozi e strutture che ospitano eventi anche culturali ha reso la nostra città un luogo vivibile e sereno.

Quello che è successo ad Ancona nella discoteca è sicuramente un atto di vandalismo. Cosa pensa debba cambiare all’interno dei locali e chi deve tutelare noi giovani in queste strutture? 

Quello che è successo ad Ancona non penso sia soltanto un semplice atto di vandalismo, perché per quanto ne sappia quella di spruzzare questo spray urticante è diventata una moda. La tragedia, però, è  scaturita da molte concause: la prima è stata sicuramente questo spray che ha creato panico e ha spinto i ragazzi a scappare. Ma le stesse conseguenze le avrebbe avute anche una rissa o un semplice topo che passa nel locale e porta i ragazzi a cercare di allontanarsi. Il problema fondamentale, dunque, è stata la disorganizzazione  del locale che non era idoneo ad ospitare così tante persone. Accusare l’artista è inutile in quanto anche quando ero io giovane non tutti i cantanti parlavano di amore. Non dobbiamo accusare la musica. La musica unisce ma quello che deve cambiare è la mentalità di chi organizza eventi. Io a tal proposito cercherò di valutare gli eventi a cui parteciperò e deciderò se associarmi o dissociarmi perché un artista deve dare un’ottima immagine e deve essere un esempio per i giovani. Nel mio piccolo, anche io cerco di dare un messaggio importante: io non ho mai toccato droghe nella mia vita, nonostante nel mio settore sia facile, gratuito e forse automatico; anzi io ho fatto uscire e ho salvato amici da questo giro. Io non sono un puritano, nessuno lo è, ma è importante far aprire gli occhi alle persone circa il pericolo della droga. Io credo che ad Ancona, inoltre, una concausa sia stata anche il fatto che molti ragazzi avevano bevuto; io non voglio farvi la predica dicendovi di non bere ma mi sento in dovere di farvi capire che non dovete perdere mai la coscienza, la lucidità. Allegri sì, persi mai.