AUSCHWITZ. POLONIA

“Considerate se questo è un uomo che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no”.

Sono passati 74 anni da quel lontano 1945, ma l’Italia e il mondo intero non dimenticano le vittime della Shoah. Adulti e bambini furono uccisi ‘per  il solo fatto di essere nati’, come dice la senatrice Liliana Segre, e di essere ebrei.

Fra i tanti scrittori e poeti che hanno vissuto l’orrore dell’olocausto, ricordiamo:  Anna Frank, che, con il suo Diario, ha commosso il mondo intero, e Primo Levi, che, con “Se questo è un uomo”, ha voluto farci capire la condizione umana nel lager, in un momento storico dominato dal razzismo e dall’odio. Oltre agli ebrei, vittime della Shoah furono anche gli oppositori politici, i Testimoni di Geova, gli omosessuali, i portatori di handicap e i malati di mente.

Le prime violenze contro gli ebrei ebbero inizio in Germania nel 1935  e in Italia nel 1939, dopo il “patto d’acciaio” tra Hitler e Mussolini, quando le truppe tedesche cominciarono a deportare adulti e bambini nei campi di concentramento. Solo il 27 gennaio del 1945, ricordato ogni anno come “il giorno della memoria”, le truppe sovietiche entrarono nel campo di concentramento di “AUSCHWITZ” e liberarono i pochi superstiti rimasti. 

Tuttavia ancora oggi il mondo sembra essere dominato dall’odio, dalla diffidenza, dalla discriminazione verso altri uomini, considerati “diversi” per il colore della propria pelle.                                                                  

“Non ci sono gesti, parole, sospiri che non contengono la somma di tutti i crimini che hanno commesso e commettono gli esseri umani”.