Donnamore. Già nel titolo è racchiusa l’immensità dell’universo femminile: il potere dell’amore, dell’affetto, dei sentimenti che dimorano nel cuore di ogni donna costituendone la forza e al tempo stesso la fragilità.
Donnamore è una storia malinconica ed eterea che si svolge tra le mura di un manicomio in cui la realtà perde i suoi contorni definiti per divenire sfumata, umbratile, ma non per questo meno dolorosa. Una storia fatta di grande Storia, ma soprattutto delle tante piccole storie di donne maltrattate che troppo spesso rimangono nell’ombra, come Katia, la violinista, le sorelle ballerine e soprattutto Lea che, fatta rinchiudere dal marito nella clinica con l’inganno, sfrutta la sua presunta pazzia per spingere alla riflessione. E così lo spettatore, come in una danza metafisica, compie insieme a lei un viaggio nel tempo attraverso grandi personaggi femminili di ogni epoca, per ritrovarsi, ogni qualvolta si dissolve il mondo della follia, di fronte alla cruda realtà della società di oggi, ancora così grettamente misogina e maschilista.
La storia di Lea (che è poi quella della potente Hatsheput, della malinconica Agape, dell’appassionata Didone, ma anche di Maria, di Giovanna D’arco, di tante altre donne) è un candido e sommesso grido di ribellione e di speranza, un dolce inno alla libertà, alla sensibilità e all’intraprendenza femminile che, attraverso l’abilità nella recitazione e l’eccellente accompagnamento della musica, del canto e della danza, resta nel cuore e nella mente dello spettatore invitandolo a riflettere. E alla fine dello spettacolo risuonano potenti i versi di Madre Teresa, come un monito a tutte le donne affinché siano sempre coscienti del loro ruolo e affinché non lascino mai che qualcuno possa tarpare loro le ali.
“Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Però non trattenerti mai …”
Perché nessun pregiudizio, nessun sopruso, nessuna atavica convinzione può dire ad una donna di fermarsi!

Floriana Secondulfo IV E scientifico