La guerra contro l’ISIS si espande in un nuovo territorio: Internet. Sin dalla sua nascita lo Stato Islamico ha utilizzato il web per fare propaganda, trovare nuovi adepti, comunicare con le sue cellule e far conoscere al mondo le atrocità commesse. Esistono numerosi siti Internet e profili sui social network, riconducibili ad appartenenti all’organizzazione terroristica, che svolgono propaganda per l’ISIS e fungono da punto d’incontro virtuale per i terroristi (o aspiranti tali).

Da più di un anno Anonymous, il noto collettivo di hacker, effettua attacchi informatici contro la sezione web dell’ISIS. Oscurano i profili social di propaganda dell’ISIS ed effettuano attacchi DdoS (che consistono nell’inondare un server di richieste, finché questo non crolla per aver esaurito le risorse disponibili) contro i siti collegati all’organizzazione terroristica. Inoltre gli hacker di Anonymous sono anche risaliti alle identità degli intestatari dei siti/profili e le hanno segnalate alle forze dell’ordine.

Ma come riescono a trovare i profili social e i siti internet collegati all’ISIS tra le migliaia che esistono? Grazie ad un software sviluppato da due esperti di sicurezza italiani (che però non fanno parte del gruppo): Geosec, un bot (un software che esegue un compito in automatico) che analizza le comunicazioni in arabo e le filtra per pertinenza a determinate parole chiave. I dati raccolti sono poi analizzati e, nel caso, passati alle forze dell’ordine. Per svolgere queste operazioni Anonymous ha anche pubblicato delle guide per chi volesse aiutare a combattere l’ISIS, contribuendo alla raccolta e all’analisi dei dati con il proprio computer. Oltre a questo gli hacker di Anonymous hanno anche attaccato le VPN dell’ISIS, cioè le reti private cifrate utilizzate dai terroristi per comunicare su Internet.

Serve attaccare l’ISIS su Internet?

Alcuni criticano Anonymous sostenendo che i loro attacchi non hanno ottenuto effetti tangibili contro l’ISIS e che hanno solo spinto i terroristi a rimediare alle falle nella sicurezza delle loro comunicazioni. Ciò è in parte vero ed in parte falso.

Era chiaro sin dall’inizio che gli attacchi su Internet non avrebbero mai potuto sconfiggere da soli l’ISIS, ma possono arrecare gravi “danni morali”, dato che i terroristi di Daesh si vedono impossibilitati a fare propaganda sul web senza dover fronteggiare attacchi telematici e chiusure dei siti, mentre gli attacchi alle VPN producono dei danni reali, perché privano i terroristi di alcune linee di comunicazione. E l’aumento delle misure di sicurezza dei terroristi assomiglia più ad una ritirata che ad un contrattacco: ai terroristi è stato consigliato, infatti, di cambiare spesso indirizzo IP, non chattare su Twitter o Telegram con gente che non conoscono e di utilizzare il deep web.

Le azioni di Anonymous hanno quindi disturbato i terroristi, ma ciò non basta a fermare il califfato, obiettivo per il quale sono, purtroppo, necessarie altre azioni.

Francesco Di Nucci

Immagini

Articolo: “Anonymous Seal” di Virgilio Aleman, con licenza CC BY-SA 3.0

In evidenza: immagine di tigerlily713, CC0 pixabay.com/it/codice-hacker-dati-sicurezza-707069/