L’ultimo romanzo della scrittrice Viola Ardone, “Il treno dei bambini”, è stato al centro dell’ incontro  che si è tenuto presso la libreria “Libertà” di Torre Annunziata lunedì 28 ottobre u.s. Hanno partecipato alla presentazione del libro l’autrice stessa, nonché una rappresentanza di alunni e docenti del liceo “Pitagora-Croce”. Relatrice del romanzo è stata la prof.ssa Anna Esposito che, coadiuvata dall’ex alunna Maria Rosaria De Santis, ha guidato il dibattito che si è rivelato di grande intensità. L’ incontro si è aperto con la lettura di un passo del libro e precisamente il dialogo fra Maddalena Criscuolo, militante del partito comunista, e Antonietta, madre di Amerigo, il protagonista del romanzo. Siamo nel 1946 e il partito comunista crea una sorta di rete di solidarietà per strappare i bambini alla miseria e al degrado più totale di un Su devastato dalla seconda guerra mondiale appena conclusasi. L’iniziativa vede l’affido temporaneo di questi sfortunati fanciulli a famiglie del Nord, non ricche, non agiate, ma in grado almeno di restituire loro una vita più dignitosa ed umana. Amerigo è un ragazzino dei Quartieri Spagnoli e, insieme ad altre centinaia di bambini, salirà su un treno che lo porterà a Modena, accolto da Derna, in una realtà certamente meno dura di quella che ha conosciuto finora. Amerigo ha appena sette anni quando sale su quel treno, lasciando il suo quartiere, i suoi amichetti, sua madre Antonietta. Il viaggio di Amerigo verso un altrove ignoto, ma forse più sicuro, verso un mondo nuovo, un’”America” tutta da scoprire e da conquistare, comporta una separazione tragica che gli provocherà una lacerazione nell’animo insanabile, un dolore a cui egli non potrà sottrarsi, perché per lui non c’è altro percorso da seguire per realizzare il suo destino.  La prima domanda che viene rivolta a Viola Ardone riguarda il suo profondo interesse per la storia, in particolare per la seconda Guerra Mondiale e per questa vicenda che ad essa è strettamente correlata. La scrittrice rivela di nutrire una forte passione per la storia della seconda metà del Novecento, ma in particolare per quegli eventi che non trovano spazio nella memoria collettiva, quelle pagine non scritte che, tuttavia, scorrono come un fiume silente, attraverso meandri nascosti. Varie le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere il romanzo; “è una vicenda nostra che ci appartiene, è la nostra storia. E quando si parla del dopoguerra, il Sud sembra essere il vagoncino di coda del Nord, ma è proprio al Nord che nasce il P.C.I che realizzerà “il treno dei bambini”. Al Sud mancano le risorse, tuttavia esistono uomini che con le altre regioni possono farci da ponte. Il Sud e il centro si tendono la mano in nome della solidarietà.” Inoltre l’urgenza e l’importanza di scrivere questo romanzo, rimarca l’autrice, son nate quando documentandosi, ha scoperto che molte cose immaginate erano realmente accadute. E allora, immediata, si è creata una segreta, magica sintonia tra lei e le vicende storiche. Viola Ardone è una studiosa della storia del meridione e ribadisce che il suo non è un romanzo ideologico, ma risulta rilevante  ciò che il partito comunista in quegli anni è stato in grado di realizzare. Viola parla poi delle donne protagoniste della vicenda, della loro disperazione e al tempo stesso della loro forza e del loro coraggio nel lasciar partire i propri figli. Momento emblematico del libro è quello della separazione. Tutto sommato i bambini inconsapevoli partono sereni… Lasciano i loro cappotti ai genitori affinchè coprano i fratellini che restano… Amerigo non ha fratelli, ma ugualmente  lascia il cappotto alla madre affinchè ricavi un indumento per sé. L’ intervento della De Santis sulla restituzione dei cappottini, volto a sottolineare quel moto naturale, innato, di solidarietà, proprio dei bambini e che negli uomini sembra sempre più raro (si pensi alle migliaia di migranti che sono lasciati in balia delle onde per settimane) sollecita la scrittrice a soffermarsi sulla distinzione tra carità e solidarietà. “La carità è una straordinaria virtù spirituale, ma è un gesto che  attiene alla sensibilità e alla disponibilità individuale. La solidarietà è invece uno slancio personale, che necessità però del supporto dello stato.“

Tornando alla vicenda, Amerigo viene affidato a Derna, militante del partito comunista, non sposata , che non disdegna però il ruolo di madre; tuttavia Derna  vuole continuare la strada dell’impegno politico, percorso che le riuscirà assai difficile, in quanto nel partito regnano il maschilismo e il bigottismo. La solitudine di Derna può essere paragonata a quella di Antonietta? No, risponde la scrittrice, perché nascono in due contesti culturali diversi… L’ inserimento in una nuova realtà non sarà indolore per Amerigo, tuttavia questo nuovo mondo determinerà la svolta della sua vita. L’ occasione gli viene offerta dal padre adottivo che, compreso il suo talento, gli regala un violino. Ma dopo qualche mese Amerigo torna a Napoli e si imbatte nella solita,  tragica realtà di fame, povertà, rinunce. La madre gli toglie il violino e lo spinge a cercarsi una fonte di guadagno per sopravvivere; ma ora egli è ben consapevole che questa non è più la  vita  che gli appartiene. La sua vita  è quella che ha conosciuto a Modena. Nasce così in lui un conflitto lacerante: vorrebbe far rientrare nella vita di Napoli quella di Modena, ma è un’utopia. Egli è di fronte ad un bivio… L’epilogo della vicenda vede Amerigo divenuto ormai uomo (siamo nel 1994); benchè divenuto un musicista di successo, egli porta dentro di sé un fardello pesantissimo, fatto di parole non dette, di amore non vissuto… una lacerazione dell’anima mai rimarginata.

L’ incontro con la Ardone si conclude con la lettura di una splendida, intensa pagina del romanzo, il dialogo tra la madre e il figlio che ritorna.  Forse il messaggio che Viola Ardone vuole lasciare è proprio che l’adulto, quando vorrà, potrà sempre tornare bambino e rimediare alle sofferenze del passato.

Alice Mastellone 3A classico