È una vera e propria emergenza quella che ormai, dal giungo dell’anno scorso, sta interessando l’Australia: 16 800 000 ettari di vegetazione completamente arsi, 28 persone e 1 miliardo di animali uccisi dal cambiamento climatico. Un assassino forte, finora silente, ma che, negli ultimi tempi, sta dando, purtroppo, tanti segnali della propria presenza. È questa infatti una delle cause principali di tutto quello che sta accadendo nel Paese e non soltanto, come si vuole far credere, l’azione di piromani sul territorio; diversi sono i punti inaccessibili all’uomo che invece stanno bruciando.  Il 2019, per l’Australia, è stato l’anno più caldo dell’ultimo secolo; le piogge sono diminuite di un terzo, rispetto agli scorsi anni. Questo non ha fatto altro che accentuare un fenomeno in realtà naturale, che interessa una terra “fatta per bruciare”; perché è da secoli infatti che lì la vegetazione, contenente olio e resine infiammabili, è “abituata” ad ardere colpita dai fulmini. Fuoco che devasta, ma che libera spazio per una successiva rinascita della vegetazione, per una nuova vita. Questo purtroppo non potrà accadere nei prossimi tempi: senza piogge, con venti caldi e secchi, temperature elevate, le fiamme si alimentano, divampano, si propagano, non si spengono. E se la natura non riesce di per sé ad estinguere le fiamme, neanche l’uomo riesce a tenere loro testa. Per le squadre di terra, infatti, è troppo rischioso intervenire in loco e i mezzi aerei non possono fare altro che ritardare la combustione, non estinguerla del tutto. I numerosi e vasti incendi provocano danni incommensurabili costituendo un problema serio non soltanto per la flora e la fauna interessata, ma per l’intero pianeta: grande quantità di ossigeno viene utilizzata per la combustione e allo stesso tempo muoiono piante che potrebbero fornirlo; aumenta così il livello di anidride carbonica e, con essa, l’effetto serra, il riscaldamento globale favorendo, ultimo anello della catena, la facile propagazione degli incendi stessi. Si viene a creare quindi un circolo vizioso, dal quale è possibile uscire soltanto risolvendo il problema alla radice. Perché se in Australia gli incendi non vengono spenti la colpa non è certo delle forze dispiegate per farlo, con aiuti da tutto il mondo. Si sta facendo tutto il possibile per porre rimedio a qualcosa che andava fatto sicuramente prima, che interessa tutti noi e l’intero ecosistema. Oggi a bruciare è l’Australia, ma domani potrebbe toccare agli Stati Uniti, al Canada, alla Francia e – perché no? – anche all’Italia. “Qualche grado in più che differenza potrà mai fare?”: evidentemente per qualcuno 16 800 000 ettari di differenza non sono ancora abbastanza.