Ci hanno detto che dobbiamo farci coraggio. Ci hanno detto di non piangere e di non fare le vittime: d’accordo, ma ammetto che, anche ora, mentre scrivo, piango. La Dad all’inizio mi sembrava la soluzione migliore di fronte a questa situazione sanitaria così difficile. Non mi pesava affatto; continuavo a studiare con il solito entusiasmo, mettendo al primo posto la conoscenza, la cultura. Poi le cose sono cambiate: l’entusiasmo è calato e le paure aumentate. Come sempre, continuo a studiare e cerco di metterci tutto l’impegno possibile, eppure so che non è lo stesso perché mi accorgo che, ogni giorno che passa divento un po’ come gli altri, quelli che facevano il minimo indispensabile. Mi sento in colpa, non per i professori o per quei pochi miei compagni che davvero ce la mettono tutta, ma per me stessa.

Per me studiare non è mai stato aprire un libro e ripetere un paragrafo fino ad impararlo; era più come quando ti trovi a seguire un documentario sui pinguini e improvvisamente vuoi sapere tutto sui pinguini. Quello che voglio dire, è che studiare dovrebbe essere una scoperta, interessarsi a qualsiasi cosa abbiamo intorno e, forse, questo non è molto facile facendo lezione con uno schermo e dovendo sempre accertarsi che il tuo microfono non sia spento, per non parlare dei litigi senza senso che si creano in una classe al messaggio mattutino “Entriamo?”.

Eppure, ripensandoci sorrido perché mi rendo conto di quanto ci facciamo influenzare dalle scelte degli altri; ma un conto è scegliere di entrare in videolezione e un altro è fare scelte importanti che ricadranno sulla nostra vita e su quella della collettività.

Una cosa per cui devo dire grazie alla didattica a distanza è la riscoperta della sincerità. Nella realtà sorridiamo e stiamo con persone che non stimiamo; forse ci va bene così o addirittura pensiamo sia normale. La tecnologia è ora diventata l’unica possibilità di comunicazione. Attraverso uno smartphone ti tieni in contatto con le persone che senti il bisogno di avere vicino e l’ipocrisia si è sgretolata un po’. I problemi e le tensioni che si creano tra le persone si sono fatti più intensi e la distanza ci ha fatto capire quali sono gli amici e quali non lo sono, chi è il compagno disponibile e gentile e chi quello che, fosse per lui, non ti avrebbe mai rivolto la parola. Quest’anno allora non è proprio un anno sprecato: ci ha privato di tante cose, ci ha dato la possibilità di fare esperienze diverse.

In questa pandemia c’è chi si è diplomato o laureato in videochiamata, chi ha capito cosa voleva fare da grande, come quei ragazzi che hanno deciso di diventare medici e di aiutare come potevano. Personalmente, la pandemia mi ha fatto scoprire tanto, dal meraviglioso mondo degli anime alla saga de “L’Attraversaspecchi” della scrittrice francese Christelle Dabos. La protagonista si chiama Ofelia e mi ha insegnato che gli eventi drammatici ti cambiano fin dentro le ossa. Ofelia non vive nessuna pandemia, ma l’ha vissuta con me fino a qualche giorno fa, quando ho letto l’ultima pagina del libro.

Nonostante tutto abbiamo studiato e abbiamo continuato a imparare in modi diversi. Quello che dovrebbe spronarci ad andare avanti è proprio il voler migliorare questa situazione e, soprattutto, noi stessi.