DANTE DALLA A ALLA Z: M COME MANFREDI DI SVEVIA
“OR LE BAGNA LA PIOGGIA E MOVE IL VENTO”
L’illustre Dante in questo verso tratto dal terzo canto del Purgatorio della Divina Commedia, si riferisce all’anima purgante di Manfredi di Svevia, collocato nell’Antipurgatorio tra i negligenti morti scomunicati, la cui pena è quella di attendere un tempo equivalente a trenta volte quello vissuto lontano dalla Chiesa. Per la legge del contrappasso, avendo tardato a pentirsi, tali anime, purtroppo, devono attendere prima di iniziare il loro processo di espiazione dei peccati.
All’interno del canto vi è l’incontro di Manfredi con Dante che non riuscì a riconoscerlo. A quel punto Manfredi si presentò come il nipote di Costanza d’Altavilla e pregò il poeta di riferire la sua condizione alla figlia Costanza. Inoltre gli rivela di essersi pentito all’ultimo momento e che Dio lo avesse perdonato nonostante le innumerevoli colpe.
Manfredi nacque a Venosa nel 1232 e morì a Benevento il 26 febbraio 1266. E’ stato l’ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia.
Egli ottenne il Regno di Sicilia quando morì il padre Federico II nel 1250, finché non arrivò il fratello Corrado IV che era l’erede legittimo. Alla morte di quest’ultimo si fece incoronare a Palermo re di Sicilia e di Napoli. Il papa Innocenzo IV, che era il tutore di Corradino, figlio di Corrado, lo scomunicò. Manfredi, allora, tentò di riunire intorno a sé i ghibellini contro la Chiesa con lo scopo di impossessarsi della penisola. Il papa Urbano IV, preoccupatosi per l’assemblea dei ghibellini a Montaperti, chiamò Carlo I d’Angiò con lo scopo di fargli occupare il regno. Questi accettò l’invito, scese in Italia e, incoronato re di Napoli, affrontò e sconfisse l’esercito di Manfredi a Benevento dove infine morì. Il suo cadavere, che i soldati avevano sepolto sotto un cumulo di pietre, venne fatto dissotterrare dal vescovo di Cosenza, in quanto era uno scomunicato non degno di sepoltura, e le sue ossa furono sparse oltre il fiume Liri.
La figura di Manfredi divenne leggendaria, esaltata dai ghibellini e criticata dai guelfi. Dante nel “DE VULGARI ELOQUENTIA” lo ricorda insieme al padre Federico II per la sua attività alla corte di Sicilia; lo giudicava in maniera positiva anche per il progetto politico di voler instaurare un potere laico in opposizione alla Chiesa, i guelfi.
Da sottolineare il fatto che Manfredi si sia presentato a Dante come il nipote di Costanza, madre di Federico II e moglie di Enrico VI, e non come figlio di Federico II. Questo è dovuto, probabilmente, al fatto che la nonna Costanza è posta tra le anime beate del Paradiso, mentre il padre è condannato nel decimo canto dell’Inferno, tra gli eretici e, pertanto, non sarebbe stato opportuno dichiararsi suo figlio.
CIRILLO MICHELA
D’AVINO FRANCESCA
SCARPA GAETANA
IV E scientifico
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