Ieri si boccheggiava dal caldo, non si poteva restare neppure cinque minuti esposti al sole. Ho avuto bisogno di cambiarmi, di indossare qualcosa che mi facesse stare più fresca, magari una canottiera.  Così sono entrata in casa, ho cercato la canottiera nell’armadio; nel farlo, ho rovesciato i miei libri per terra. “Devo riporli al loro posto” mi sono detta. Li ho posizionati negli scaffali della libreria, insieme ai volumi scolastici.
Avevo davvero troppo caldo. Così ho pensato di legare i capelli in una treccia che è venuta così perfetta che tutti, anche i miei amici del palazzo, mi hanno fatto i complimenti.
Ora, potreste chiedervi per quale motivo io stia scrivendo di questa mia insignificante routine estiva. Dopotutto non si tratta che di eventi del tutto normali, giusto? Non ho fatto nulla di importante, di nuovo… Quanto ingenuamente vi sbagliate nel pensarlo!
Quello che io, mia madre, le mie amiche e persino tu che stai leggendo, possiamo fare nel nostro Paese, in altri non è per nulla scontato.
Milioni di donne, bambine, ragazze della nostra età, a quest’ora in Afghanistan hanno perduto ogni forma di libertà per mano dei talebani, i fondamentalisti islamici armati, prevalsi da qualche giorno in seguito al ritiro delle truppe statunitensi. Hanno conquistato la nazione, dichiarata emirato islamico, e occupato la capitale, Kabul, provocando la chiusura delle ambasciate e il terrore di decine di migliaia di persone. Secondo le ormai note leggi di questi esseri disumani, poiché solo così si può definire colui che priva un suo simile della gioia di vivere, le donne sono costrette ad indossare il burqa per celare completamente il loro corpo, considerato una fonte di peccato e seduzione per l’uomo. Non possono dedicarsi allo studio né ad attività artistiche e sportive né tantomeno possono lavorare e uscire da sole. Non dispongono della propria vita e i matrimoni sono decisi dagli uomini.

Ovviamente in questo momento i talebani, cercando di fermare la fuga disperata degli afgani, hanno annunciato che non saranno più applicate le loro rigide interpretazioni dei dettami del Corano e che le donne non devono preoccuparsi. Ma possiamo fidarci di loro? Certamente no.
Purtroppo sia a noi che agli sventurati afgani non resta altro che aspettare, magari l’intervento dell’ONU o di qualche altra organizzazione internazionale.
Staremo a vedere quello che accadrà, ma fino a quel momento non dobbiamo dimenticarci di una cosa : NOI SIAMO FORTUNATE.
Siamo fortunate per essere nate in questo paese, perché possiamo andare a scuola, pensare a un futuro nostro e, se ci va, ridere a crepapelle senza il rischio di essere uccise. Siamo fortunate perché prima di lottare per salvare il nostro mondo dall’avida mano dell’uomo non dobbiamo combattere per sopravvivere alle pazze leggi imposte da bruti.
Siamo fortunate perché non dobbiamo aggrapparci alle ali di un aereo per tentare di fuggire dal terrore e siamo ancora più fortunate perché sappiamo con certezza che non saremo mai vittime di razzismo, dato che siamo noi a tormentare coloro che vengono da paesi meno fortunati come l’Afghanistan.
Quello che è accaduto e che sta accadendo tutt’ora è inaccettabile, anche per colpa degli Stati che hanno mal gestito la situazione afgana e che, dopo anni di guerra e vite sacrificate, hanno abbassato le armi e dato il via libera all’avanzata di coloro che avevano combattuto per anni. Tutto ciò è vergognoso, ma lo sarà ancora di più se nessuno interverrà. Tuttavia, è assurdo anche il fatto di dover sperare che qualche potente intervenga: non dovremmo sperare, ma avere la certezza che l’aiuto richiesto verrà inviato. Per non parlare del rifiuto, da parte di alcuni Stati, di accogliere i fortunati che riusciranno a scappare: semplicemente deplorevole. Come possiamo rimanere inermi davanti a quest’atrocità e all’egoismo umano?
Come ha detto Malala, che ha tanto lottato per la difesa delle donne dal fondamentalismo islamico:” Non possiamo rimanere a guardare un paese che torna indietro di decenni, di secoli. ”

Chiara Cinquegrana, IV A classico