Il 7 febbraio 2020, per l’attivista egiziano Patrick Zaki,  arrestato all’aeroporto del Cairo, ebbe inizio un incubo. Il giovane, accusato di diffusione di notizie false e di minaccia alla sicurezza nazionale,  avrebbe scritto degli articoli sulla discriminazione dei copti in Egitto. Zaki  stava rientrando da Bologna dove seguiva un Master  relativo alle problematiche di genere legate alla condizione femminile. Lo studente appartiene ad una famiglia cristiano copta ed è rimasto ingiustamente in carcere, per ben ventidue mesi, fin quando, il 7 dicembre 2021, il tribunale egiziano di Mansura ha ordinato la sua scarcerazione in attesa della prossima udienza fissata a febbraio 2022. Grande è stata la solidarietà dimostratagli l’inverno scorso, a Bologna, dove un corteo, organizzato per la sua scarcerazione, vide la partecipazione di ben cinquemila persone. Non sono mancate le mobilitazioni da parte di esponenti della politica e del mondo universitario. Anche la Senatrice Liliana Segre è intervenuta nella vicenda, affermando di sentirsi vicina al giovane Patrick, proprio come una nonna nei confronti del nipote.  Attualmente, Zaki rischia la condanna a ben cinque anni di carcere.  Tuttavia l’Italia potrebbe dargli appoggio, conferendogli la cittadinanza italiana, per poi chiedere la grazia. Il problema, quindi, passerebbe dal piano giudiziario a quello politico. Per il momento, è certo che sono decadute le accuse più gravi, quella di istigazione al rovesciamento dello Stato ed al terrorismo, anche se Zaki rischia di essere nuovamente arrestato così come è successo ad altri nel passato. Ora, per fortuna, il giovane attivista ha riabbracciato i suoi cari ed è in attesa della prossima udienza del processo fissato a febbraio. Incrociamo le dita per lui con la speranza che trionfi la giustizia e che sia salva la libertà di pensiero e di parola!

Livia Cirillo III B cl.