Il libro La bambina senza il sorriso, scritto da Antonio Menna e pubblicato nel 2020, racconta di come Tony Perduto, giornalista precario presso un  quotidiano napoletano, si sia trovato coinvolto nella ricerca di Carmine Maiorano, commercialista  sparito nei Quartieri Spagnoli. A chiedere l’aiuto di Tony sarà Chiaretta, la figlia dello scomparso, che subito cattura l’attenzione del giornalista per una patologia neurologica che la affligge e le impedisce di sorridere. Il giornalista/detective Perduto comincia a cercare Carmine e riuscirà, alla fine del romanzo, a scoprire una verità più complicata di quel che sembra.

In occasione dell’incontro con l’autore del libro tenutosi il 14 febbraio scorso, la classe 3AC ha realizzato un “sequel” della storia che comprende sia un lavoro di scrittura della “pagina che non c’è”, in cui si immagina un dialogo tra Tony Perduto e il suo “alter-ego” Carmine Maiorano, sia un’ ipotesi di diversa conclusione della vicenda di Chiaretta e suo padre.

(La bambina con il sorriso è un’illustrazione di Aida Piscicelli)

La pagina che non c’è

Ed è proprio nel momento in cui si stava alzando ed era in procinto di allontanarsi che ho compreso appieno che, probabilmente, quella messa in scena fosse un grido d’aiuto. Allora, con tutto il coraggio e la curiosità che mi hanno sempre contraddistinto e messo nei guai, gli urlo:

“Cosa intendeva esattamente dicendo che arriva un momento nella vita nel quale o cambi tutto o di te non rimane niente?”

Nell’esatto momento in cui gli ho posto la domanda mi sono reso conto che, nel profondo, non avrei voluto conoscere la risposta. Forse sarei dovuto andare via, lasciarmi questa storia alle spalle. Non capivo cosa ci fosse che mi legava a Carmine Maiorano, a Chiaretta e a tutte le vicende assurde che li riguardavano. Non comprendevo il motivo per il quale lui riuscisse a voltare pagina, abbandonando la sua vita, e io non riuscissi ad abbandonare lui. “Forse sto giocando solo a fare l’eroe”, mi dicevo. Ma sentivo che non era così. C’è sempre stato qualcosa di più profondo nel mio interesse verso questa storia. Intanto lo vedo avvicinarsi di nuovo a me. Ha un’aria sconcertata, forse non si aspettava questa domanda. Indietreggio il più possibile cercando con gli occhi un’uscita. Forse avrei dovuto farlo prima. Inciampo su una pietra e mi ritrovo seduto lì dove qualche istante prima avevo cercato di avere una conversazione con Carmine. Lui si siede accanto a me, stavolta disposto a parlare, o così mi è sembrato. Mi fulmina con lo sguardo e poi scoppia in lacrime.

“Tutto ciò che ho sempre desiderato è stato realizzarmi e avere una condizione economica stabile.” Singhiozzava. “Ho conosciuto l’ingegnere Petrillo e pensavo di aver realizzato il mio sogno. Ero molto giovane, spensierato, sognavo di affermarmi nel mio lavoro. Poi le cose cambiano, l’età avanza e le priorità si trasformano. Ho iniziato ad avere il desiderio di crearmi una famiglia. Un giorno l’ingegnere mi ha presentato sua figlia e me ne sono innamorato. Un matrimonio apparentemente felice da cui è nata una bellissima figlia.”

Mentre Maiorano parla, mi immagino la sua vita, forse un po’ mi ci rivedo in lui. La spensieratezza, la libertà, la voglia di affermarsi. Poi mi rendo conto che forse la mia vita è, in qualche bizzarro modo, legata alla sua. Non trattengo la curiosità:

“E quindi? La sua vita era perfetta. Perché scappare? Perché abbandonare tutto? Qual è stato il momento in cui ha deciso di tirarsi indietro?”

Maiorano sembra esterrefatto da tutte quelle domande. Ad un certo punto ho avuto come la sensazione che stesse rivivendo tutta la sua vita per riportare alla mente il momento in cui ha iniziato ad andare tutto male, forse per colpa sua o forse per colpa di altri. Dopo un momento di silenzio imbarazzante ha risposto alla mia domanda.

“Ci stavo arrivando… ero innamorato, un padre esemplare e un lavoratore responsabile. Però ho sempre avuto un lato oscuro che mi ha caratterizzato sin da bambino. Non ho mai saputo controllare i miei impulsi. Così ho iniziato a tradire mia moglie; a volte sparivo e ritornavo dopo giorni come se non fosse successo niente. Si è aggiunto, poi, il poker ai miei problemi.  Sapevo che era sbagliato, ma non riuscivo a sottrarmi a tutto ciò. Ho rovinato il mio matrimonio e, automaticamente, anche i miei rapporti lavorativi all’interno dell’azienda. Però mi è sempre rimasta una sola cosa, l’amore di mia figlia Chiaretta.”

A quelle parole, gli occhi di Maiorano sono tornati lucidi e, forse solo in quel momento, si è reso conto di tutto il dolore che ha provocato alle persone che ama.

“Carmine, io so che non è mai stata sua intenzione quella di fare del male ai suoi cari e so anche come ci si sente ad avere perennemente il fiato sul collo. Io sono considerato da mia madre un sognatore, uno con la testa tra le nuvole e che concretizza poco. Secondo la sua opinione il mio non è un vero lavoro, ma solo un passatempo temporaneo che non mi porterà lontano.”

Guardo Carmine Maiorano e lo sento sempre più vicino. È la prima volta che qualcuno si interessa realmente al suo stato d’animo.

“Ho un’amica, Marinella. Forse con lei ho sbagliato tutto. Mia madre dice che dovremmo sposarci.” Questa frase mi strappa un sorriso, ma non so perché. “Lei non mi ha mai giudicato. Mi è sempre stata vicina e ora rischio di perderla a causa della mia indecisione. Qualche volta mi interrogo sui miei obiettivi e, ascoltando la tua storia, mi rendo conto che le priorità sono diverse in base alla persona e alla fase della vita che si sta attraversando. Non posso minimamente immaginare cosa tu stia provando in questo momento, ma tutto ciò che posso dirti è di tutelare Chiaretta.”

Lo sguardo di Maiorano cambia; è molto più profondo e consapevole. Mi fermo a guardare i suoi occhi e, per la prima volta, mi accorgo della somiglianza tra padre e figlia. Sento un nodo alla gola e sento le lacrime bagnarmi il viso. Carmine mi sorride, si alza e si allontana lentamente.

Percepisco una fitta allo stomaco mentre Maiorano scompare dietro a un muro e mi sento sollevato. Il mio lavoro è finito. Mi fermo a guardare il mare con malinconia e osservo con commozione il tramonto.

Il sole scompare ogni giorno nel mare ma, dopo la notte, ritorna sempre a splendere nel cielo… proprio dov’era prima.

Irene Verniti

 

La bambina con il sorriso

Nei Quartieri Spagnoli, a marzo, fin dall’alba, girano con gonfaloni e bandiere inneggianti a una Madonna che chiamano «dell’Arco» bande improvvisate di musicisti. Anche se sono solo le otto del mattino sono già sveglia: ho un compito improrogabile. Suono a quel campanello che ho già visto numerose volte e poco dopo mi apre Tony Perduto, il giornalista che ha scoperto il nostro segreto.

«Buongiorno» dice. «Prego, accomodati».

A differenza delle altre volte sembra più deciso e ciò mi destabilizza un po’, ma entro comunque, titubante.

«Conosci la casa, no?» mi fa. Mi incammino verso il salotto e mi siedo nella stessa poltrona della prima volta. Lui si accomoda di fronte e dopo un po’ comincio a parlare.

«La disturbo perché vorrei sapere se ha notizie del mio papà».

«Notizie da me?» dice quasi con tono ironico.

«Sì. Io non ho avuto nessuna segnalazione».

«E perché pensi che io ne abbia?» mi domanda, lasciandomi ancor più turbata di prima.

«Non lo so» rispondo.

«Hai fatto colazione? Vuoi un bicchiere di latte, qualche biscotto?»

«No, grazie» rispondo con voce un po’ tremante.

«Un pezzo di cioccolato?» insiste, come se volesse farmi abbassare la guardia.

Si alza per andare in cucina mentre continuo a ripetere di no. È frustrante. Mi sento presa in giro.

Appena tornato mi porge la tavoletta. «Se non la mangi adesso, tienila con te. Magari puoi darla al barbone di via Chiaia, quello con il berretto di lana e i capelli rasta sotto».

In un primo istante gli punto gli occhi addosso, ma poi li abbasso, in segno di sconfitta.

«Ci diciamo la verità, Chiaretta? La smettiamo con la recita?» mi dice.

«Tu sai tutto, no? Fai parte della messinscena. Un bell’accordo con il tuo adorato papà. Che cosa non si fa, se te lo chiede il tuo papà. Vieni da me per l’articolo sul giornale. Poi attacchi i manifestini. Fai finta di essere preoccupata. Perché? Perché così la recita funziona meglio. “Ho smarrito il mio papà.” Attivi le ricerche, ma solo quel tanto che serve. Senza troppo affanno. Chi cerca davvero a Napoli? Nessuno cerca nessuno senza un tornaconto. Ma io sono uscito fuori dal seminato. E mi sono messo a cercare davvero. E ci sono pure arrivato».

Fa una pausa, come se aspettasse una risposta, ma io non dico nulla. «Sai come ho scoperto tutto?» continua.

«Grazie a te. Hai fatto ciao al papà con la mano, da dietro la finestra, mentre quella domenica se ne andava via in macchina e cominciava lo show. Sei venuta bene nel filmato della videosorveglianza della libreria, sai? E poi sulla fermata del bus a Bagnoli. Ma come? Sei una bambina! Quante cose si fanno se te le chiede il tuo papà, vero?». 

Mi alzo in piedi e mi dirigo verso la porta. Sento il mondo crollarmi addosso. Ho deluso il mio papà. Ho deluso me stessa. È tutta colpa mia se non potremo mai essere felici. Mentre sto per uscire, sento una mano sulla spalla che mi ferma.

«Voglio che tu sappia una cosa, prima di andartene» mi dice. «Nessuno saprà mai nulla di tutta questa storia. Dillo anche a tuo padre. Forse ti vuole portare con lui all’estero. Sono scelte vostre, io non c’entro. Ti avrà mandato per questo. Per sapere. Allora tranquillizzalo. E stai tranquilla anche tu. Non dirò niente. Ho già dimenticato tutto».

Mi sento più tranquilla, ma chissà se posso davvero fidarmi di lui. Riprendo a camminare, mi avvicino alla porta, abbasso la maniglia, ma poi lui aggiunge. «Sarà il vostro segreto. Fidati di me, per favore». A questo punto mi giro, alzo il viso e mi accorgo che ora c’è anche qualcun altro che riesce a vedere il mio sorriso.

Un giorno qualsiasi di maggio Chiaretta dopo la scuola non fa ritorno a casa.

All’inizio i parenti non si preoccupano, perché era già capitato che la loro bambina tornasse più tardi del solito.

Questa volta però non è stato così.

Dopo varie ore la mamma di Chiara, preoccupata, la cerca nei posti da lei più frequentati, senza successo. I parenti decidono di denunciarne la scomparsa. Cominciano le ricerche, che durano diversi mesi, ma di Chiara non c’è nessuna traccia. La polizia giunge infine alla conclusione che la bambina doveva essere stata uccisa, come era accaduto anche per il padre, per avere attirato troppo l’attenzione sulla scomparsa di Maiorano. La madre di Chiaretta, dopo aver per lungo pianto la perdita della sua unica bambina, riesce a chiudere questo ultimo capitolo della sua vecchia vita, per aprirne un altro della sua nuova.

Cinque anni dopo

Rispetto a quella di Napoli, la primavera ad Edimburgo è molto più fredda, ma quel pomeriggio, mentre Chiaretta torna da scuola, sembra uno dei primi giorni d’estate.
A casa non c’è ancora nessuno: il padre, Carmine, è ancora a lavoro e non tornerà se non entro un’ora. Da quando si sono trasferiti, ormai cinque anni fa, continua a essere impegnato nell’attività di commercialista, motivo per cui hanno ricominciato la loro vita proprio nella città scozzese.

Carmine ha da molto tempo smesso di frequentare nuove donne e sta dividendo la sua vita solo tra il suo impiego e Chiaretta. Maiorano è infatti sempre presente nella vita di Chiara: la supporta e la aiuta a perseguire tutti i suoi obiettivi, per far sì che la figlia non senta la mancanza di quello stesso affetto che lui in primis non ricevette da piccolo.

Maiorano varca la soglia della porta di casa e sua figlia gli corre incontro a braccia aperte. Il padre le dà un bacio sulla fronte e, come ogni volta, si sistemano in soggiorno per raccontarsi le loro giornate. Dopo il rito quotidiano, Chiara va in camera sua e si cimenta nella scrittura di un copione, una delle cose che più ama fare e la fa stare bene da quando ha cambiato vita.
All’inizio, per lei, non è stato semplice ricominciare tutto in una città diversa: nonostante la solitudine non le fosse nemica, non avere più conoscenze le provocava una certa malinconia. Non percorreva più ogni giorno quelle strade su cui era sempre solita camminare e per giunta aveva paura che potessero trovarla, distaccandola nuovamente dal suo amato padre, suo unico punto di riferimento.
Con il passare del tempo, Chiara si adattò al nuovo ambiente che la circondava: cominciò ad andare a scuola e sotto consiglio di un insegnante, che voleva si integrasse bene in quel nuovo contesto, si iscrisse in una scuola di teatro, scoprendo così uno dei suoi più grandi talenti.

Quando era a teatro si sentiva completamente sé stessa e quello era il suo posto felice.
A teatro, durante una lezione qualsiasi, Chiara incontra anche colei che diventerà una delle persone per lei più importanti.
Mentre Chiaretta un giorno sta un po’ in disparte, le si avvicina una bambina dai capelli ramati e occhi verdi di nome Meredith.
«Ma perché non sorridi mai?» le chiede.
«Io sorrido invece, è che quasi nessuno riesce a vederlo».
«E come si fa a vederlo?»
Chiaretta non le risponde, ma da quel giorno in poi Meredith continua a parlarle, avvicinandosi sempre di più. All’inizio a Chiara risulta strano che qualcuno voglia conoscere quella bambina costantemente senza il sorriso, ma poi inizia ad abituarcisi.

Le due allora cominciano a stare sempre insieme, anche dopo il teatro. Chiara, a mano a mano che impara a conoscere la sua nuova amica, si accorge che Meredith ha un problema opposto al suo. Lei sorride sempre, anche quando non tutto va per il meglio. Con il passare del tempo, però, Chiara riesce a distinguere i momenti in cui l’amica sorride e basta e quelli in cui lo fa per davvero. Poi finalmente un giorno Meredith esclama:
«L’ho visto!»
«Visto cosa?» domanda Chiara.
«Il tuo sorriso».

Virginia Alvino, Eleonora Reginelli