I fatti

Sabato 11 novembre 2023 scompaiono due ventiduenni a Vigonovo, in Veneto: Giulia Cecchetin e Filippo Turetta, ex fidanzati che si erano conosciuti all’università e che, dopo una relazione durata un paio d’anni, si erano lasciati lo scorso agosto. Essi tuttavia avevano continuato a essere amici, incontrandosi spesso, soprattutto per le pressioni del ragazzo. Ed è proprio dopo di questi incontri che di loro si perdono le tracce. Le famiglie si allertano subito, chiedono aiuto e la polizia dà avvio alle ricerche dei due giovani. Nelle prime ore, gli appelli dei familiari dei ragazzi sono molteplici: chiedono a Giulia e Filippo di tornare a casa, gli dicono che tutto gli sarà perdonato. Con il passare del tempo la vicenda assume però toni sempre più cupi, lasciando poco spazio alla speranza. Si capisce che, attorno alle 23 di quel sabato, i due hanno litigato in modo intenso in un parcheggio situato nelle vicinanze di casa di Giulia.  Poi si trovano delle tracce di sangue nella zona industriale di Fossò, che sembrano corrispondere a quelle della ragazza. Ma soprattutto la Punto nera in cui viaggiava Turetta viene avvistata prima in Friuli, poi in Alto Adige e in Austria, come inuna rocambolesca fuga. I fatti si fanno sempre più amaramente chiari, fino a quando ogni speranza si spegne il sabato successivo, quando il corpo di Giulia viene trovato nei pressi del lago di Barcis, in Friuli. Filippo viene arrestato il giorno dopo in Germania e confessa tutto: è colpevole di un efferato femminicidio.

L’analisi

L’opinione pubblica italiana ha risposto in modo molto duro a questa vicenda, che ha suscitato grande attenzione mediatica. Il padre di Giulia in queste settimane si sta battendo non solo per la memoria di sua figlia, ma anche per tutti gli altri casi di femminicidio che spesso cadono subito nell’oblio (quest’anno in Italia dovrebbero essere avvenuti circa 100 omicidi di questo genere, ma i numeri sono incerti poiché il femminicidio non è di per sé un reato specifico). Si è parlato di Filippo come di un mostro, di un’orribile persona in preda alla pazzia, a cui vanno riservati i trattamenti più severi (qualcuno ha parlato anche di rispolverare la pena di morte, che ogni tanto rispunta come un jolly.) Trovo interessante riflettere sul fatto che queste parole quasi ci giustificano, ci esternalizzano dai fatti avvenuti e ci fanno sentire innocenti. Tuttavia tutti siamo colpevoli perché poco o nulla facciamo per cambiare una società fortemente maschilista, in cui la donna viene trattata come una cosa da possedere e che, quando non vuole essere più nostra, è da punire, da buttare, alla stregua di un’oggetto. È particolarmente sconfortante sentire come alcune persone ritengano inutile l’unica cosa che si può fare in uno scenario come questo: la sensibilizzazione. Ci troviamo di fronte ad una società che muta ma in cui non tutti hanno i mezzi o la voglia per rendere  il cambiamento meno affannato e confuso.

Simone Miccio 2A classico