Un eroe dei nostri giorni: gli studenti scrivono.

16 febbraio 2024. Colonia penale IK-3, profondo artico russo. Il servizio penitenziario federale annuncia telegraficamente: “ (…) il detenuto Navaln’ji A.A. si è sentito male dopo una passeggiata, perdendo quasi immediatamente conoscenza (…) sono state eseguite tutte le misure di rianimazione necessarie, che non hanno dato risultati positivi. I medici hanno constatato la morte del condannato (…)”.

Così termina la vita di Aleksej Navaln’ji (d’ora in avanti sarà citato con la sua dicitura occidentale, Navalny, ndr); o, almeno, questa è la versione ufficiale delle autorità russe. Alcuni hanno espresso delle perplessità in merito, affermando che i fatti potrebbero essere andati diversamente. Chissà perché diffidano della versione di coloro che hanno provato ad avvelenare l’individuo in questione tre volte e che lo tenevano rinchiuso ingiustificatamente in un carcere situato in una landa desolata, ignota forse anche ai più appassionati di geografia! Beh, forse costoro sono di parte. Ma chi era questo tale Navalny?

Aleksej Navalny nasce nel 1976, nei pressi di Mosca, nell’allora Unione Sovietica. Comincia la sua attività politica da giovane, iscrivendosi al partito liberale Jabloko. Viene espulso da esso dopo alcuni anni, essendo considerato troppo estremista. Infatti, nel corso di tutti gli anni ‘2000, Navalny mantiene delle posizioni fortemente nazionalistiche, che si scagliano contro l’immigrazione e che sono molto critiche nei confronti di alcune etnie e minoranze. In seguito Navalny si scuserà di ciò, affermando di esserne pentito. Effettivamente cambierà progressivamente  ideologia nel corso degli anni, mutandola in un liberismo di stampo europeista. Nei primi anni dello scorso decennio comincia ad avere posizioni molto critiche nei confronti del presidente Vladimir Putin, definendo il partito Russia Unita, che essenzialmente è quello che supporta Putin, “un partito di truffatori e ladri”. Comincia a portare avanti numerose campagne anti- corruzione e a denunciare frodi negli appalti statali. Fa della lotta alla corruzione una delle sue principali bandiere politiche, tanto da arrivare a creare “La fondazione anti- corruzione”. La sua notorietà cresce e le manifestazioni anti-governative da lui organizzate diventano sempre più partecipate. Le forze di polizia, in uno di questi cortei, lo arrestano, cominciando una lunga tradizione di brevi reclusioni in cui viene trattenuto in carcere per alcuni giorni, per poi essere rilasciato Le sue candidature alla presidenza della federazione vengono continuamente declinate e comincia a subire dei tentativi di omicidio. Nel 2017 degli assalitori sconosciuti gli spruzzano sul viso una tintura verde che lo priva dell’80% della vista da un occhio. Nel 2019, quando si trovava in uno dei suoi tanti soggiorni in carcere, denuncia di essere stato avvelenato dalle autorità dell’istituto. Infine, nel 2020, durante un volo in aereo, ha un malore. I medici russi escludono un suo avvelenamento ma, giunto in Germania, vengono ritrovate nel suo corpo delle tracce di veleno Novichok, particolarmente usato in era sovietica. Il coinvolgimento dei servizi segreti russi viene dimostrato pochi mesi dopo, quando Navalny in persona riesce a far confessare il fatto a uno degli agenti coinvolti, chiamandolo al telefono e fingendosi membro dei servizi. Nel gennaio 2021 ritorna in Russia, pur essendo conscio del fatto che sarebbe stato arrestato, dato che era ricercato dalla magistratura per uno dei tanti futili motivi. Difatti, appena scende dall’aereo, viene fermato e portato in carcere. Tuttavia questa reclusione si dimostra  diversa dalle altre. Infatti i tribunali russi aumentano esponenzialmente la sua condanna. Ciò alimenta nei sostenitori del dissidente oscuri sospetti, che vengono confermati il 16 febbraio.

Questo triste epilogo non costituisce un colpo di scena. All’arrivo della notizia la reazione di chi aveva a cuore la sua causa non è stata di sorpresa, ma di triste conferma di un fatto che già si immaginava da tanto. In particolare, quando è stato trasferito nella colonia penale artica alcune settimane prima della sua morte, si è capito che si era arrivati al punto di non ritorno. La voce di Navalny viene così definitivamente soffocata, come è successo a tutti i dissidenti che negli anni si sono opposti al pluriventennale regno di tsar Putin, come il politico Nemcov, assassinato a colpi d’arma da fuoco nel 2015, o la giornalista critica del regime Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006. Cambiare lo status quo in Russia appare sempre più difficile o, addirittura, impossibile, con dei cittadini che supportano in toto le sue politiche e altri che vorrebbero uno stato democratico e libero, ma che sono sconfortati e che non sanno come reagire. I più coraggiosi negli scorsi giorni hanno organizzato manifestazioni in ricordo dell’oppositore. Risultato: centinaia di arresti. Alcuni sono stati fermati solo per aver deposto dei fiori sotto una foto di Navalny.

Ma qual è  l’eredità politica di Aleksej Navalny? La moglie Yulia ha annunciato dall’estero di voler prendere il testimone del marito, continuando l’opposizione al regime. Ella ha peraltro ricevuto l’appoggio pressoché unanime dell’Occidente, i cui governi hanno  accusato Putin di essere il mandante di ciò che è avvenuto a Navalny. In Italia le reazioni sono state più tiepide, con membri del governo che, come loro solito, hanno assunto posizioni alquanto ambigue. E noi? Cosa ha lasciato Navalny ai comuni cittadini di tutto il mondo? Forse la consapevolezza della precarietà della democrazia, del bisogno di difenderla con le unghie e con i denti e che il cambiamento può partire da ognuno di noi. Del resto, nessuno è perfetto. Come abbiamo avuto modo di osservare, neanche Navalny lo era. Non ha mai tentato di esserlo. Ma ha sempre combattuto per ciò in cui credeva. Non si è fermato neanche quando la ragione gli suggeriva di farlo. Ed è questo che lo rende un eroe da ammirare.

Simone Miccio 2acl

Morto in carcere di massimo isolamento una delle figure più discusse dell’opposizione russa, Alexey Navalny. Le ombre sul suo decesso.                                                 

Cos’è realmente accaduto ad una delle figure più discusse dell’opposizione russa, Alexey Navalny?               L’opinione pubblica mondiale se lo chiede da giorni. Varie sono le ipotesi. Navalny si trovava nel carcere dell’Okrug al Circolo Polare Artico, noto per le sue condizioni di detenzione decisamente  ai limiti della tortura, da due anni, per scontare una durissima  pena sulla base di accuse totalmente inventate dal Cremlino.  Il 47enne era finito per la ventisettesima volta in una cella di punizione. Molti mezzi di comunicazione (tra i tanti, Telegram) hanno fatto notare che il comunicato stampa che annunciava la morte del dissidente è stato pubblicato appena due minuti dopo l’ora ufficiale del decesso.                            Il segretario di stato americano Blinken ha dichiarato che la Russia e Putin stesso sono responsabili della sua morte; e, alla luce di questo, pare difficile archiviare quello di Navalny come un caso di morte. Già altre volte Alexey era stato vittima di attentati, nel 2020, ad esempio, fu coinvolto in un caso di grave avvelenamento su un volo diretto in Siberia e solo grazie all’intervento di Angela Merkel fu salvato all’ospedale “Charitè” di Berlino.   Avrebbe potuto rimanere in Germania ma coraggiosamente scelse di tornare in Russia. Oggi come allora, Putin e il suo portavoce Peskov si rifiutano perfino di pronunciare il suo nome e per più di una settimana non hanno permesso alla famiglia di vedere il corpo del loro congiunto, che finalmente nelle scorse ore è stato restituito alla madre. La morte di Alexey, non sembra aver stupito né il popolo né i più noti esponenti politici russi. La stessa sorte, infatti, era già capitata ad altri dissidenti e oppositori di Putin, tra i quali ricordiamo Anna Politkovskaya e Boris Nemtsov.                                                                                                                                 

Ma chi era Aleksej Navalny? Attivista e politico, Navalny è stato un grande giornalista investigativo, che per anni ha indagato e svelato al mondo la corruzione del Cremlino, le ruberie della casta amica di Putin, le reali motivazioni che si celano dietro lo scoppio delle guerre in Georgia, Crimea, Ucraina, ecc. Una sfida lenta e pericolosa, quella tra Navalny e Putin, terminata nel più sconvolgente dei modi. Ma “le sue testimonianze, le sue inchieste e il suo desiderio di libertà, non moriranno con lui”, ha affermato la moglie in un’intervista, dichiarandosi pronta a portare avanti le idee del marito e a prendere il suo posto in questa battaglia contro il regime di Putin.  In Occidente molti hanno celebrato il coraggio di Navalny. Anche Bono Vox degli U2 ha reso omaggio durante un concerto al giornalista, invitando la folla di Las Vegas a pronunciare il suo nome ad alta voce, per condividere quell’ ideale di libertà per cui Navalny ha perso la vita e per cui il popolo ucraino lotta ogni giorno. Questa vicenda dal sapore amaro ci insegna che in molte parti del mondo chi lotta per la libertà e la verità ancora oggi paga con la vita e questo dovrebbe farci riflettere su quanto siamo fortunati a vivere in un paese democratico.           

 Maria Chiara De Maio 2Bs