Il 4 dicembre del 2024, un caso giudiziario ha scosso profondamente gli Stati Uniti, suscitando un’ampia discussione sociale e politica. Luigi Mangione, un giovane ingegnere di 26 anni, è stato accusato dell’omicidio di Brian Thompson, il CEO (Chief Executive Officer) della UnitedHealthcare, una delle più grandi compagnie assicurative sanitarie del Paese. Quanto accaduto all’hotel Hilton Midtown, dove il manager era atteso a una convention, ha sollevato domande non solo sul crimine in sé, ma anche sulle motivazioni che avrebbero portato Mangione a compiere un atto tanto estremo. L’omicidio, avvenuto a Manhattan, ha avuto un impatto che va ben oltre la sfera giudiziaria, alimentando un dibattito sulle disuguaglianze del sistema sanitario statunitense e sulle sue implicazioni sociali.

Chi è Luigi Mangione?

Luigi Nicholas Mangione è un giovane ingegnere, nato in Italia e trasferitosi negli Stati Uniti, in Maryland, per proseguire gli studi. Si è laureato in ingegneria all’Università della Pennsylvania con ottimi voti e aveva un promettente futuro davanti a sé. Tuttavia, secondo chi lo conosceva, negli ultimi anni aveva sviluppato una crescente insoddisfazione nei confronti del sistema sanitario americano, esprimendo più volte le sue preoccupazioni riguardo l’iniquità del capitalismo e l’inaccessibilità delle cure mediche per i ceti meno abbienti e più umili. Tali critiche lo avevano portato a sviluppare un risentimento e un certo astio verso le grandi e rilevanti compagnie assicurative e infatti, come riportato da un manifesto scritto da lui stesso, il vero movente e la causa per cui aveva compiuto questo atto erano state le politiche delle assicurazioni sanitarie eccessivamente restrittive e la loro corruzione, dove il profitto era più importante della salute delle persone. Il pensiero di Mangione, considerato indubbiamente radicale, lo aveva portato a maturare l’idea che un’azione clamorosa potesse sensibilizzare e scuotere l’opinione pubblica e, di conseguenza, apportare una profonda e necessaria riforma.

Le dinamiche dell’omicidio: un crimine efferato o una ribellione?

Le circostanze in cui si è verificato l’omicidio hanno immediatamente destato sospetti, e la polizia, con a capo Jessica Tisch, è riuscita a ricostruire la sequenza degli eventi grazie a prove raccolte rapidamente con le nuove tecnologie. Secondo le prime indagini condotte, Mangione aveva pianificato il delitto da settimane o, addirittura, dal mese di agosto e si era poi infiltrato nell’edificio dove lavorava Thompson. Qui, grazie alla sua formazione in ingegneria e alle conoscenze dei sistemi di sicurezza dell’edificio, era riuscito a disattivare alcune telecamere di sorveglianza e a eludere le guardie. Infatti, il giovane aveva organizzato tutto nei minimi dettagli.

Armato di una pistola con un silenziatore, è entrato nell’ufficio di Thompson fingendosi un collaboratore e, poco dopo, ha avuto con lui un confronto verbale molto acceso, accusandolo di essere complice delle ingiustizie perpetrate dal sistema sanitario. Dopo ciò, Mangione ha aperto il fuoco, colpendo Thompson alla testa e, prima di fuggire, ha ripristinato i sistemi di sicurezza e cancellato le sue tracce. Tuttavia, la polizia, grazie a una serie di telecamere esterne e ad altre testimonianze, è riuscita a risalire rapidamente a Luigi come principale sospettato, che nel frattempo si era rifugiato in Pennsylvania. Dopo essere stato interrogato, è stato giudicato colpevole di ben 11 capi d’accusa che vanno dall’omicidio di primo grado al terrorismo, dal possesso illegale di armi da fuoco e di documenti falsi allo stalking.

La difesa di Mangione, guidata dall’avvocato Karen Friedman Agnifilo, ha sollevato però delle obiezioni riguardo alle modalità dell’arresto e alle prove raccolte durante le indagini, alcune delle quali sarebbero state acquisite in modo irregolare e violando i suoi diritti costituzionali. Per tale motivo il caso di Mangione ha diviso profondamente l’opinione pubblica. Da un lato, c’è chi lo condanna come un assassino che ha scelto la via della violenza al posto di una protesta pacifica. Dall’altro, ci sono coloro che vedono in lui un vero e proprio eroe, cioè una persona schiacciata da compagnie assicurative ingiuste che escludono milioni di americani dalla possibilità di curarsi. Secondo alcuni esperti legali, Mangione è da considerare parzialmente responsabile, data la sua condizione psicologica al momento dell’omicidio, dovuta alla sua frustrazione e all’odio crescente e progressivo. Nonostante ciò, è chiaro che l’omicidio di Thompson rimane un crimine grave, anche se le autorità federali stanno valutando se imporre la pena di morte (sospesa dal 2004 nello Stato di New York), analizzando la natura del crimine e il suo impatto sull’opinione pubblica. Mangione, durante l’udienza preliminare del 22 febbraio, si è dichiarato non colpevole di molteplici capi d’imputazione per omicidio, tra cui quello terroristico, ma si trova ancora in una prigione federale di Brooklyn con altri rilevanti imputati, tra cui Sean “Diddy” Combs. Ora, l’unica sua speranza è riposta nella prossima udienza prevista per il 19 marzo, dove potrebbe rischiare la pena di morte se giudicato colpevole dell’accusa federale di omicidio.  In attesa del futuro processo, la vera domanda da porsi è se questo sia solo un caso isolato di vendetta personale oppure un drammatico segnale di come spesso le disuguaglianze sociali e le difficoltà economiche possano provocare reazioni così estreme.

 

Roberta De Rosa  – III E scientifico