Come bisogna sentirsi quando una nostra abitudine ci mette in pericolo? Come bisogna sentirsi quando non siamo sicuri nella città in cui siamo nati e cresciuti? Mi sono posta queste domande quando ho capito che in qualche quartiere della città può accadere di tutto in mancanza di un’adeguata illuminazione…

Ogni giorno, verso le 18:30, scendo con il mio cane, ancora cucciolo, per un’oretta. Partendo dalla mia abitazione a piazza S. Teresa solitamente passeggiamo per il Corso, in mancanza di un luogo adibito allo svago dei cani; ma la sera del 16 dicembre 2020 ho deciso di cambiare il mio percorso, in quanto c’era molta gente per strada, nonostante le restrizioni adottate dal governo a causa del Covid-19. Quindi ho deciso di andare “ai giardinetti”. Sarei passata per la Villa del Parnaso se non fosse stata chiusa, come spesso accade, alcune ore prima del previsto; perciò potevo percorrere solo le scale situate di fronte alla chiesa del Carmine; e così ho fatto.

Mi sono quindi ritrovata nel porto di Torre Annunziata che necessita di illuminazione artificiale. In un primo momento mi sono pentita della mia decisione, perché era tardi, poi ho intravisto delle persone nelle vicinanze del parcheggio e ho continuato la mia passeggiata.

Attraversata la strada e avvicinatami al lato mare, mentre si faceva buio, inizialmente non ho visto niente se non quanto riuscivo a illuminare con la torcia del mio telefono. Mentre il mio cane mi strattonava verso il mare, ho guardato in basso per evitare di cadere ed anche per proteggerlo da eventuali schegge di vetro (molto facili da trovare in zona) che avrebbe potuto calpestare. All’improvviso ho intravisto, essendo la strada su un piano rialzato rispetto al lato spiaggia, la testa di un uomo sulla cinquantina che mi guardava fisso, occhi sbarrati, e che diceva qualcosa d’incompressibile. Per qualche secondo il mio cuore si è fermato: con un nodo in gola, non ho pensato più a nulla, salvo che mi sarebbe potuto accadere di tutto. Sono corsa via precipitosamente.

La mia quotidiana tranquilla passeggiata ha lasciato posto alla paura. Cos’altro avrebbe potuto nascondere tutto quel buio che mi circondava? Non so chi fosse quell’uomo, cosa stesse facendo e nemmeno se già c’era quando sono già passata prima che il mio cane mi tirasse di nuovo indietro. Pensavo, anzi ero certa, solo di una cosa: non mi ero sentita al sicuro. Non sarebbe stata la piccola luce del mio telefono o il gruppetto di persone vicino al parcheggio a salvarmi se mi fosse accaduto qualcosa. Sarebbe bastato che l’uomo avesse allungato la mano per ferirmi, tirarmi giù, lanciarmi qualcosa contro. Chissà, magari se ci fosse stata più luce, avrei intravisto prima quel signore, non mi sarei fatta trascinare dal mio cane, non mi sarei spaventata così tanto da scappare. Quando ho chiamato mia madre ero così impaurita da non riuscire quasi a parlare.

Sarò eccessivamente sensibile o paurosa, ma non posso farmene una colpa e neppure penso di essere l’unica. Comprendo la necessità del risparmio energetico che suppongo sia in parte la causa di un’illuminazione insufficiente, ma penso sia necessario nei riguardi dei cittadini da parte dell’amministrazione della città, garantire luminosità soprattutto nelle zone meno frequentate e potenzialmente più pericolose, a maggior ragione nel periodo invernale durante il quale alle 18 ormai è buio. Si potrebbe garantire la funzionalità con la periodica manutenzione in caso di guasto, di quei lampioni che non sono solo fiochi, ma proprio spenti; e non da poco tempo. In attesa dell’arrivo di lampioni nuovi o della loro riparazione, al loro posto si sarebbe potuto decidere di montare le luminarie natalizie.

È dovere del comune di Torre Annunziata garantire sicurezza ai cittadini, i quali nella zona limitrofa al porto possono trovarsi in situazioni come la mia, se non peggiori. Invito perciò l’amministrazione comunale a preoccuparsi maggiormente della nostra sicurezza in ogni luogo e quartiere della città, oltre alle strade principali.