Da giorni, migliaia di ragazze iraniane protestano per la morte di Mahsa Amini, di soli 22 anni, deceduta il 16 settembre, in circostanze sospette, dopo due giorni di coma. La polizia religiosa di Teheran l’aveva arrestata perché non indossava correttamente il velo. Questo episodio ha scatenato l’ira delle giovani iraniane che, scendendo in piazza, scoprono il capo e talvolta bruciano i loro hijab. Nel giro di poco tempo, le forze dell’ordine hanno arrestato più di 700 giovani, tra cui studenti e studentesse, e i morti sono almeno 50.

Nell’elenco c’è anche Hadis Najafi, 23enne simbolo delle rivolte. Sei proiettili l’hanno raggiunta al viso, al petto e al collo. Poco prima di morire è stata immortalata mentre si legava i capelli e si sistemava gli occhiali, pronta a combattere per la sua libertà. Il video è diventato virale su internet, attirando l’attenzione di milioni di persone su ciò che sta accadendo in Iran. La famiglia ha deciso di celebrare funerali privati per non alimentare altro odio verso la Repubblica Islamica e per evitare altre ribellioni e altre morti.

Najafi non è stata l’unica vittima delle proteste ma con lei hanno perso la vita anche altre giovani donne con un brillante futuro e sogni che non potranno mai realizzare; tra loro ci sono Hananeh Kia, 23 anni e Ghazale Chelavi, 32 anni.  In un contesto sociale arretrato, in cui la donna non ha diritti né libertà, è da ammirare il coraggio e la forza di queste giovani che, pur sapendo di correre un enorme rischio, pagando la loro esposizione anche con la vita, hanno deciso di cercare di accendere la fiamma del cambiamento, con l’intento di coinvolgere quante più donne possibile in un processo di emancipazione e affermazione personale e sociale. Tutto ciò non può e non deve lasciare indifferenti neanche noi giovani occidentali.