Nella notte tra il 19 e il 20 Marzo, presso il lungomare di Mergellina, è successo qualcosa di assurdo, che ha sconvolto tantissime persone. Francesco Pio Maimone, ragazzo di diciannove anni, che si trovava nei pressi di un noto chioschetto della zona, è stato colpito  da uno sparo in pieno petto. Inutile la corsa in ospedale dove è giunto senza vita. Seppure può sembrare bizzarro, bisogna partire dalle scarpe che l’assassino calzava quella notte, che erano per lui il suo piccolo mondo. Egli si chiama Francesco Pio Valda, ha lo stesso nome della sua vittima ed è originario di una famiglia molto problematica: il padre camorrista tentò di uccidere la moglie nel momento in cui era incinta di lui e poi è stato assassinato nel 2013; suo fratello è in carcere per tentato omicidio. Crescere in un ambiente strettamente legato alla criminalità non può far altro che immettere nel ragazzo valori negativi di violenza e di prepotenza. Un camorrista non può permettersi di ricevere un torto, né tantomeno di mostrare timore verso un qualsiasi avversario. Un camorrista necessita che tutti ammirino le sue scarpe nuove, che gli chiedano quanto costino, che facciano domande sulla sua famiglia, a cui lui potrà rispondere ripescando un parente dal carcere e uno dal cimitero, magari morto in uno scontro tra clan.

Ma torniamo alle scarpe.  Si è cercato di ricostruire le dinamiche dell’accaduto e si è arrivati alla conclusione che sia scoppiata una lite a causa di qualcuno che ha sporcato le costosissime scarpe dell’assassino. In questa lite, però, Maimone  non era minimamente coinvolto. Il ragazzo che ha estratto il revolver ha sparato prima in aria e poi ad altezza d’uomo. Francesco Pio è stato colpito al petto mentre mangiava noccioline con un paio di amici. Sognava di aprire una pizzeria e invece ha trovato la morte per colpa di un balordo. Un solo colpo che non gli ha lasciato scampo. Una volta arrivato in ospedale, i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

Per i genitori, allora, sorge spontanea una domanda: “È sicuro lasciare i propri figli da soli per strada di notte? È giusto che debbano finire vittime delle circostanze?”. Il padre del ragazzo ucciso ha chiesto al Presidente Mattarella di aprire ‘uno spiraglio’ affinché i giovani di Napoli possano avere un futuro migliore, una vita diversa, perché questa vita non li porta da nessuna parte. E a noi ragazzi che viviamo in questa realtà così assurda, che studiamo per crearci un futuro solido, il pensiero che tutta la nostra vita potrebbe finire mentre ‘mangiamo noccioline con gli amici’ cosa ci provoca? Terrore, sgomento, indignazione, angoscia perch, pur essendo apparentemente  liberi di vivere la nostra vita, di crescere e fare le nostre esperienze, siamo in realtà prigionieri di un sistema  imposto dalla criminalità.

Ci vorrebbe una maggiore presenza dello Stato, delle forze dell’ordine, soprattutto negli ambienti frequentati dai giovani, dove le risse posso nascere all’improvviso senza un reale motivo e sfociare in tragedia. Non è comprensibile che ci siano ragazzi che girano armati senza un controllo. Lo Stato dovrebbe affermare la sua presenza, far sentire il peso della sua autorità. Non dobbiamo permettere che le nostre strade si trasformino in un ‘Far West’.