La mafia: i delitti contro la giustizia
Ad oggi si sente parlare troppo spesso di mafia e di criminalità organizzata. La mafia compie crimini in vari ambiti, attivando mercati illegali, furti, riciclaggio di denaro sporco, spacci di droga… Tuttavia la mafia non si limita solo a compiere tali gesti, bensì tende ad acquisire un dominio, un pieno controllo sul territorio in cui agisce. Infatti essa non agisce solo all’interno della sua organizzazione, ma talvolta coinvolge anche la politica per compiere crimini più grandi. La mafia è nata in Italia, precisamente in Sicilia e c’è da dire che ha sempre imposto le proprie leggi e le ha fatte sempre rispettare. Inoltre le organizzazioni mafiose hanno imposto i loro controlli su tutte le campagne e sulle zone urbane che, poi, sono diventate le vere e proprie protagoniste del gioco mafioso. Inizialmente la mafia esercitava il suo potere nel campo dell’ attività economica di tipo agricolo e industriale, successivamente, si è infiltrata nel campo dell’ alta finanza, nel senso che i mafiosi gestivano e gestiscono tuttora quantità enormi di denaro proveniente da affari illeciti. Per questo motivo, tra i mafiosi, vige un’atmosfera di ricatto e violenza e, di conseguenza, nei clan persiste la legge del più forte. Il fenomeno mafioso si è diffuso in varie regioni d’Italia: la ‘Ndrangheta in Calabria, la Camorra in Campania e la Sacra Corona in Puglia. In particolare in Sicilia una delle organizzazioni mafiose più note è quella di ”Cosa Nostra”. Noi dobbiamo ringraziare particolarmente due persone che hanno sacrificato la loro vita per combattere questo fenomeno: Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Entrambi hanno visto la morte in due eventi: Falcone nella strage di Capaci e Borsellino nella strage di via D’Amelio. La loro morte però non è stata un fallimento, non è una sconfitta in quanto essi sono ancora ricordati per la loro abnegazione nel lavoro e per la tenacia con cui hanno perseguito e denunciato la brutalità degli atti commessi dalla mafia. In particolare Borsellino prima che venisse ucciso riportò parte dei contenuti dei suoi colloqui investigativi in un’agenda rossa che aveva ricevuto in dono dall’arma dei Carabinieri. Il Magistrato ripose l’agenda nella sua cartella di cuoio prima di recarsi dalla madre in via D’Amelio, il 19 luglio 1992. Da quel momento, però, non si sa più che fine avesse fatto quell’agenda. Dopo la sua morte, il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, il 15 luglio 2007 scrisse la lettera intitolata ”19 luglio 1992: una strage di Stato” in cui affermò che il motivo principale per cui era morto il fratello Paolo, era da ricercarsi nell’accordo di non belligeranza stabilito tra esponenti dello Stato e Cosa Nostra, in seguito ad una trattativa fondata sulla interruzioni delle stragi in Sicilia del 1992 e nel continente nel 1993. Che cosa si potrebbe fare per sconfiggere questi crudeli fenomeni? Innanzitutto non è facile sconfiggerli poichè la solidarietà è stata sostituita dall’omertà e dal sopruso. Fortunatamente, però, il nostro governo sta mettendo in atto numerosi provvedimenti affinchè si possa debellare la mafia. E’ stato approvato, infatti, il codice Antimafia dalla Camera dei Deputati ed esso è diventato il punto di riferimento per migliorare l’efficienza delle procedure di gestione, destinazione e assegnazione dei beni confiscati. A mio parere per combattere queste associazioni, bisognerebbe far comprendere cos’è il bene e cos’è il male, quali sono le azioni giuste e quali quelle sbagliate, far capire il vero significato della pace e far capire il vero rispetto delle regole ai cittadini.
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