VIOLENZE AL BECCARIA DI MILANO: NECESSARIO UN CAMBIO DI PASSO NEL SISTEMA CARCERARIO?
Voltaire, nel XVIII secolo, affermava che ”il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”. Se, quindi, il filosofo francese si trovasse a fare un giro in alcune delle nostre patrie galere, probabilmente non avrebbe una grande considerazione della nostra nazione e di chi la abita. L’opinione pubblica parla del sistema penale proprio in questi giorni, come ciclicamente accade quando emergono notizie di violenze all’interno di istituti carcerari. Uno dei casi recenti più notevole è stato quello delle violenze perpetrate nel carcere di Santa Maria Capua Vetere anche se, in questo caso, la vicenda colpisce di più perché riguarda un carcere minorile.
Il vaso di Pandora è stato scoperchiato il 22 aprile, durante una conferenza stampa in cui gli inquirenti hanno parlato dell’arresto di 13 agenti penitenziari e della sospensione di altri 8 in servizio nel carcere minorile ‘Beccaria’ di Milano. I reati di cui sono accusati sono molteplici: maltrattamenti, lesioni, tortura, falso, tentata violenza sessuale. Dalle dichiarazioni delle forze di polizia emerge un clima di terrore, un sistema ben oliato di violenze, intimidazioni e pestaggi da parte degli agenti nei confronti dei detenuti, minorenni. È emerso da intercettazioni e testimonianze che la maggior parte delle brutalità venivano compiute a danno degli stranieri presenti nel carcere, spesso minori non accompagnati e che non potevano raccontare a nessuno ciò che gli accadeva. Il tutto avveniva nell’ ufficio del capoposto, sprovvisto di telecamere, e nelle celle dell’area in ristrutturazione. Piovono in queste ore racconti di detenuti che raccontano di atroci episodi, di essere stati costretti a udire quotidianamente le urla strazianti di dolore per le percosse subite dai compagni. Gli agenti, nelle loro azioni punitive, si munivano di precauzioni per evitare di lasciare segni troppo evidenti sui corpi delle vittime, munendosi ad esempio di guanti. Anche i detenuti cercavano di proteggersi, vestendosi con tanti strati o ricoprendo di sapone il pavimento per far scivolare le guardie.
Ci si perde nelle cronache di orribili eventi avvenuti al Beccaria tra la fine del 2022 e l’inizio dell’anno in corso. L’istituto in questo periodo ha sofferto di gravi difficoltà, a causa di ristrutturazioni in corso da anni che avevano portato a un ridimensionamento della parte attiva della struttura. Le aree rimanenti risultavano sovraffollate, con pochi educatori e la mancanza di un direttore stabile. È stato quindi agevole insabbiare gli eventi per gli agenti, con numerose personalità del carcere che non comprendevano o che al più minimizzavano la situazione, nonostante le segnalazioni dei detenuti. Il sistema ha retto perciò indisturbato fino al dicembre 2023, quando il nuovo direttore del carcere si è rifiutato di coprire il personale penitenziario coinvolto. Ma l’inchiesta è cominciata molto prima, nel marzo 2023, quando il garante dei detenuti denunciò l’accaduto grazie alla segnalazione di una psicologa della struttura e della madre di un ex detenuto, preoccupate da quello che accadeva all’interno dell’istituto.
È inaccettabile quanto accaduto al Beccaria. Molti, soprattutto politici, hanno puntato il dito contro le cosiddette “ mele marce”, cercando di far passare il tutto come un caso isolato. Se però si analizzano tutti gli episodi più recenti di violenze nelle carceri, ci si trova di fronte a un gigantesco campo di queste mele andate a male, cosa che ci suggerisce in realtà, come dichiarato dagli avvocati della Camera Penale di Milano, che è il sistema ad essere strutturalmente marcio. È chiaro che qualcosa non funziona nel sistema carcerario nostrano. I dati parlano chiaro: le carceri sono sovraffollate (con un tasso di occupazione del 117,2% nel 2023, anche più alto in regioni come la Lombardia), le strutture fatiscenti, il personale carente. È preoccupante anche il numero di suicidi tra i carcerati, che nel 2023 sono stati 70 e nel 2024 già almeno 30, dato altissimo rispetto ad una popolazione carceraria di circa 60.000 unità. Insomma, quello che dovrebbe essere uno strumento di riabilitazione e reinserimento all’interno della società diventa luogo di brutali violenze, con lo stato che non rieduca ma che si vendica solo con i condannati. E quando questo accadde in carceri minorili, la cosa diventa ancora più sconcertante; se lo stato non riesce a prendersi cura addirittura di ragazzini che ha messo sotto la sua tutela, non è forse arrivata l’ora di riflettere seriamente sullo stato del sistema carcerario italiano?
Simone Miccio 2a classico
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