Il 21 marzo 2025, la cantautrice napoletana La Niña ha pubblicato il suo secondo album in studio, intitolato Furèsta. L’album, che contiene dieci tracce tutte in lingua napoletana (fatta eccezione per TREMM’ e SANGHE, con KUKII e Abdullah Miniawy, che presentano alcune parti in francese e arabo), è un viaggio che esplora le radici della tradizione partenopea, spingendosi al contempo oltre i confini dell’innovazione musicale e sociale.

Ogni brano racconta una storia unica, che La Niña ha approfondito in varie interviste e sui propri canali social. Furèsta è un’opera che mescola misticismo e ribellione, sacralità e sensualità, tradizione e sperimentazione. La Niña utilizza la musica come strumento di denuncia sociale e di esplorazione interiore, dando vita a un album che coinvolge profondamente l’ascoltatore, scuotendolo con le sue tematiche forti e attuali.

La copertina dell’album ritrae La Niña su un tamburello, un’immagine evocativa che richiama la figura mitologica di Medusa e simboleggia, al tempo stesso, la forza e la vulnerabilità della figura femminile. Con Furèsta, La Niña conferma il suo ruolo di artista innovativa e impegnata, capace di raccontare storie universali e di stimolare una riflessione profonda sulla società contemporanea.

Tra le tracce più ascoltate troviamo: Figlia d’a Tempesta, Guapparia, Ahi e Oinè.

FIGLIA D’A TEMPESTA è stata pubblicata come singolo il 12 marzo 2025. È un grido antico e moderno insieme, un canto viscerale che racconta la condizione femminile con forza e verità. Carola (il vero nome dell’artista) dà voce a generazioni di donne costrette in ruoli imposti, rompendo il silenzio con parole cariche di rabbia e dignità. L’interpretazione è intensa, quasi sciamanica, mentre la musica intreccia suoni del passato e del presente: clavicembalo, mandolino, tamburi e chitarra battente creano un’atmosfera rituale, arcaica e universale. Non è solo una canzone: è un inno di resistenza, una preghiera laica per tutte le “figlie della tempesta” che, in ogni tempo e luogo, non hanno mai smesso di lottare. Il brano ha riscosso grande successo anche nel Nord Italia, dove è stato cantato durante manifestazioni e scioperi contro i femminicidi.

Pecché so’ nata femmena, pecché so’ nata
Ce sta chi me vo’ prena, chi me vo’ ‘nzurata
So’ figlia d’a tempesta e nun me ponn’ ‘ncatenà
Faciteme passà, faciteme passà

GUAPPARIA è la prima traccia dell’album, pubblicata come singolo il 15 gennaio 2025, offrendo una potente anticipazione del progetto. Si tratta di una tarantella che denuncia i meccanismi che logorano Napoli e la sua identità culturale. Al centro della canzone c’è la figura del “guappo”, simbolo della tradizione napoletana, qui reinterpretato in chiave critica, per riflettere sulle contraddizioni e le ferite di un’intera comunità.

Guapparia ‘e miez ‘a via
Sprang’ ‘e fierro e croce d’oro
Tien’ ‘e sant’, crire ‘a Ddio
Ma nun chiagne pe’ chi more
Guapparia ‘e signurìa
Brutta ‘a int’ e bella ‘a fore
T’he vennuto pe’ ddoje lire
A chi t’ha arrubbat’ ‘ll’or

AHI, terza traccia dell’album, è un’esplosione di energia che affronta i temi del dolore e della resistenza, con arrangiamenti intensi e testi cristallini. Parla del canto d’amore di un cuore ferito e distrutto. I suoni si ispirano alle tonalità del bolero, danza spagnola nata alla fine del XVIII secolo, spesso presente nella musica napoletana.

‘Stu core malato ca nun vò guarí
Da quanno è ferito dice sulo accussí
Ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi
Ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi
‘Stu core pentuto ca nun vò durmí
Se crede fernuto e mo canta accussí
Ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi
Ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi

Infine, OINÈ è una canzone di forte impatto simbolico, che racconta l’incontro tra un gatto e un serpente in un giardino: il serpente vuole rubare delle rose, ma viene attaccato dal gatto. Ispirata probabilmente al mito biblico del serpente, questa canzone usa un linguaggio schietto e diretto, tipico della violenza verbale propria della tradizione popolare partenopea.

Verde comm’e na foglia
‘Sta mmiria ‘nfaccia a te
Hê voglia ca ‘a cummuoglie
Se vede comm’a cche
Vulisse tutt”e rrose
Ma senza faticà
Saje fà sulo na cosa
E se chiamma arrubbà

Antonio Cinquegrana
III A Linguistico